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Disciplinare i lussi

"Disciplinare il lusso, La legislazione suntuaria in Italia e in Europa tra Medioevo ed Età moderna": storia del lusso e dei tentativi di limitarlo.
La storia attraverso gli orpelli femminili (ma anche maschili), gli abiti, le scollature, i gioielli e i tessuti preziosi: il lusso. E nello stesso tempo la storia raccontata attraverso i costanti, pervicaci e … inefficaci tentativi di limitarlo, disciplinarlo, costringerlo. Si intitola "Disciplinare il lusso, La legislazione suntuaria in Italia e in Europa tra Medioevo ed Età moderna", il convegno che si terrà a Bologna

Venerdi 27 e sabato 28 settembre dalle ore 9,30
Aula Prodi Piazza San Giovanni in Monte 2, Bologna

Al centro del dibattito, a cui sono stati invitati ricercatori francesi, spagnoli, tedeschi e inglesi, storici dell'economia e del diritto, storici dell'arte e del costume, specialisti di storia delle donne e dell'alimentazione, si colloca il tema del lusso. Esso costituisce una formidabile chiave di lettura per capire i caratteri locali e i condizionamenti politici, per cogliere le specificità sociali, economiche e produttive, per evidenziare novità e mettere in luce aspetti costanti nel tempo, in una parola per <capire come funzionava e come si pensava la società dell'ultimo Medioevo e della prima Età moderna.  La ricerca, condotta nell'ambito di un progetto coordinato nazionalmente dal prof. Paolo Prodi, direttore del Dipartimento di Discipline storiche e localmente dalla prof.ssa Maria Giuseppina Muzzarelli del Dipartimento di Pielografia e Medievistica, è partito qualche tempo fa. Tutto ciò che si è scoperto e raccolto ha portato alla realizzazione di un volume, che verrà presentato nel corso del convegno bolognese, dal titolo "La legislazione suntuaria. Secoli XIII-XVI. Emilia-Romagna" (primo di una serie di volumi accolti fra le sue pubblicazioni dal Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione generale per gli archivi)

Spiega la prof.ssa Muzzarelli: "Le leggi suntuarie intervengono limitando la libertà dei cittadini e promuovendo una politica delle apparenze. Il nostro progetto di raccolta di norme suntuarie è nato con l'ambizione di guardare a tutta la penisola italica, procedendo regione per regione grazie al coinvolgimento di studiosi di numerose Università e di diversi Archivi di Stato. Questi studiosi sono già da tempo al lavoro per ricostruire, sotto il profilo del disciplinamento suntuario, la situazione dell'Umbria, del Veneto, della Toscana e di altre regioni ancora".
Questa ricostruzione ha offerto una base documentaria per ricostruzioni relative tanto alla storia economica come a quella giuridica ma anche alla storia del costume, dell'alimentazione o delle donne. Il libro, che intende essere il capostipite di una serie dedicata regione per regione alle leggi suntuarie, nasce dall'idea di costituire un grande catalogo, un deposito di dati, nomi, cifre capaci di parlare di oggetti e soprattutto di persone, di uomini e donne del Medioevo e della prima Età moderna.

Fra di essi vi sono quelli che cercavano, utilizzando lo strumento giuridico, di mettere ordine nell'universo delle apparenze e nell'ambito delle principali occasioni "sociali" se non "mondane" (matrimoni, funerali, banchetti in generale) e quelli che manifestavano un gusto e una volontà che mal si conciliava con il proposito dei legislatori. Le fonti analizzate testimoniano il progetto dei legislatori ma anche i gusti e le resistenze degli uomini e delle donne sottoposti a disciplinamento.

Quanto ai propositi dei governanti, si assiste nel tempo al cambiamento di almeno alcune delle finalità dell'intervento suntuario. Tale intervento non riguardava tutta la società, non solo i ricchi: per distinguersi poteva bastare una piuma d'airone, come pretesero i gentiluomini milanesi di pieno Cinquecento, e un piuma di airone  può essere vista come una provocazione… A riconoscere grande importanza alle apparenze era l'intera società di quei secoli e la regolamentazione che ne conseguì consentiva a tutti di interpretare il mondo circostante. A ogni categoria sociale doveva infatti corrispondere una precisa estetica. Se tutti avessero accettato le regole, chiunque avrebbe potuto capire dall'abbigliamento chi aveva di fronte: dalle prostitute e dagli ebrei fino alle donne eleganti, segnate dalle acconciature, come afferma la "grida contro li ciuffi" emanata dalla Duchessa di Parma e Piacenza, che proibiva alle  donne del territorio a lei sottoposto di «portare ciuffo in testa o altra conciatura alta ad imitatione di ciuffo così in casa come fuori». Va notata la mancata distinzione fra spazi pubblici e spazi privati. Il legislatore non esitava a entrare nelle case, esaminare il contenuto di casse e cofani, prendere parte, non invitato, a feste e banchetti: intromissioni che oggi giudicheremmo inaccettabili. Non senza malizia alle meretrici e alle donne ebree poteva essere imposto lo stesso segno distintivo: un velo giallo. Ne derivava che se una giudea non voleva essere scambiata per una donna di malaffare doveva essere acoompagnata da un correligionario con tanto di tondo giallo-il segno di distinzione imposto agli uomini-in petto così che il segno dell'uomo decodificava la condizione della donna:ebrea e non prostituta.

Oggi da quelle stesse regole, raccolte, ordinate e confrontate, possiamo cogliere diversi aspetti della società di quei secoli. Possiamo capire chi contava e chi era ai margini ma anche quali oggetti offriva il mercato e verso quali si orientava maggiormente il favore della gente.

In questa raccolta si parla molto di vesti e di ornamenti, eppure non è un libro di storia del costume. Si raccolgono e si confrontano leggi, ma non è un testo di storia del diritto. Non è nemmeno un libro di semiologia benché molto di quanto qui trova espressione si collochi alle origini della scienza dei segni esteriori. Piuttosto,  l'insieme del materiale raccolto forma un testo per la classificazione della società tramite lo strumento delle apparenze che ci consente di compiere un viaggio nel mondo cittadino dell'ultimo Medioevo seguendo il filo delle regole suntuarie. Ne deriva la possibilità di capire chi si collocava all'apice della piramide sociale e chi ne era ai margini, ma anche di cogliere le distanze fra i diversi gruppi sociali misurate in numero di gioielli o di capi d'abbigliamento come anche di valutare la disponibilità all'accoglienza di forestieri o di quanti, come gli ebrei, erano e non erano al tempo stesso cives. Ne deriva anche l'opportunità di capire il progetto di "ingegneria sociale" che animava i legislatori intenzionati a perseguire una redistribuzione della ricchezza a vantaggio di una rete assistenziale che ha preso forma proprio nel periodo di più intenso disciplinamento dei lussi. Non di rado infatti le multe applicate ai vanagloriosi e alle donne amanti delle pompe andavano a beneficio del Monte di pietà o di altre iniziative assistenziali e solidaristiche: da un lame qualche volta può derivare un bene. 

Il programma del convegno è reperibile nel sito www.lussi.unibo.it