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Un test predittivo per l’infarto del miocardio

Se l’infarto del miocardio si conferma come la prima causa di morte nella nostra società, non si arrestano i passi avanti compiuti nell’individuare profili di rischio.
parco Osservanza

Si è discusso anche della predisposizione genetica all’infarto del miocardio nel corso del recentissimo Congresso nazionale della Società Italiana per le Ricerche Cardiovascolari tenutosi a Imola. E, ovviamente, delle opportunità offerte dalla genomica e dalla proteomica che si concretizzano in strumenti di prevenzione importanti per i cittadini.

Fumo, diabete, età, obesità sono fattori di rischio. "Ma il 50% dei casi di infarto- spiega infatti Federico Licastro, del dipartimento di Patologia - non presenta i classici fattori di rischio". E’ noto da molti anni che la deposizione di grassi derivati dal colesterolo nella parete dei vasi sanguigni induce l’attivazione di cellule normalmente presenti in questa zona chiamate macrofagi. Il macrofago, in seguito all’ingestione di questo materiale, è attivato e induce un’anomala risposta infiammatoria che porta nel tempo alla formazione della placca aterosclerotica. Proprio allo studio dei polimorfismi allelici di geni coinvolti nella riposta infiammatoria e connessi al rischio infarto è collegato il test messo a punto dall’equipe del prof.  Licastro e dallo spinn off universitario NGB Genetics. Quello che viene fatto con il test è un campionamento del Dna che permette di confrontare il profilo genetico del paziente, in particolare alcuni geni specifici, con un profilo di rischio messo a punto dall'Istituto sulla base di dati scientifici e statistici di riferimento.

La ricerca è portata avanti grazie all’attività dell'Istituto nazionale di ricerca per le malattie cardiovascolari: un consorzio interuniversitario, che riunisce 18 atenei italiani. Al prof. Claudio Marcello Caldarera il compito invece di illustrarne l’attività, ma anche di sottolinearne la mancanza di fondi. "Dal 1999- afferma il prof. Caldarera- i finanziamenti a nostro favore sono stati dimezzati". Lo scorso anno, infatti, i fondi da Roma sono stati 349.000 euro, contro i quasi 700.000 euro di sette anni prima. "Cerchiamo altre fonti di risorse- continua Caldarera- come le fondazioni bancarie, ma non possiamo andare avanti così: abbiamo 40 borse di studio da mantenere". Intanto, un'istituzione bancaria un passo l'ha fatto. La Fondazione Cassa di Risparmio di Imola ha infatti regalato una palazzina nel parco dell'Osservanza (ex sede di un ospedale psichiatrico) al Comune di Imola, che lo ha poi girato in accomodato gratuito all'Istituto di ricerche. In quella sede troveranno posto alcuni laboratori specializzati nelle ricerche più  avanzate contro le malattie cardiovascolari.