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Il Dna del Re ghigliottinato

Antropologi molecolari e genetisti forensi dell’Università di Bologna hanno analizzato le tracce contenute in una zucca in cui sarebbe stato raccolto il sangue di Luigi XVI, Re di Francia, dopo la sua esecuzione sul patibolo. Alcuni marcatori genetici analizzati concordano con tratti che, stando ai dipinti, contraddistinguevano il monarca
La zucca con le tracce di sangue

Il 21 gennaio 1793 Luigi XVI, Re di Francia, fu ghigliottinato per aver cospirato contro la libertà della nazione. Secondo le cronache del tempo furono molti i cittadini che salirono al patibolo per immergere i loro fazzoletti nel sangue del monarca ed avere un ricordo dell’esecuzione.

Un team di antropologi molecolari (Davide Pettener e Donata Luiselli) e di genetisti forensi (Susi Pelotti e Carla Bini) dell’Università di Bologna, in collaborazione con il gruppo guidato da Carles Lalueza-Fox, ricercatore del Consejo Superior de Investigaciones Scientifiche (Csic) di Barcellona, ha analizzato i residui lasciati da uno di quei fazzoletti e i risultati ottenuti dall’analisi genetica condotta indipendentemente nei due laboratori, lasciano supporre che il Dna estratto possa appartenere al re di Francia. Nonostante non sia rimasta traccia del fazzoletto, gli scienziati sono riusciti ad analizzare i residui di una sostanza marrone rimasta depositata all’interno in una pregiata zucca pirografata. La zucca, in possesso di una famiglia romagnola dalla fine dell’800 e di grande valore antiquariale, mostra le immagini di vari attori della rivoluzione francese, come George Danton, Maximilien Robespierre, Camille Desmoulins, Louis-Sébastien Mercier, Jean Paul Marat, la regina Maria Antonietta e Luigi XVI stesso.

"Il più interessante è, insieme alle immagini, il testo scritto in cui si racconta la storia di uno dei testimoni dell’esecuzione. Grazie a questo testo si sa che Maximilien Bourdaloue immerso il fazzoletto nel sangue, lo mise nella zucca e ordinò ad un artista parigino, Jean Roux, la decorazione, che si concluse il 18 settembre 1793", spiegano i ricercatori del team bolognese, che lavorano presso i laboratori di Antropologia molecolare e di Genetica forense dell’Ateneo Bolognese. L’intenzione di Bourdaloue era di vendere la zucca per 500 franchi a L’Aquila, un soprannome forse riferito al giovane Napoleone.

Dopo aver stabilito che la sostanza marrone era sangue umano, i ricercatori hanno estratto il Dna del soggetto e analizzato il Dna mitocondriale e il cromosoma Y. I risultati ottenuti hanno evidenziato due linee genetiche molto rare, difficili da rintracciare nei database riferiti a individui attuali. La linea mitocondriale materna corrisponde ad un raro N1b, presente solo in due europei su un totale di circa 21.000 soggetti studiati, mentre la linea del cromosoma Y corrisponde ad un G2a, clade finora non ancora descritto tra i 21.800 europei analizzati. Secondo alcuni ritratti dell’epoca, tra i quali quello di Antoine-François Callet dipinto nel 1786 e Joseph-Siffre Duplessis nel 1777, il re Luigi XVI aveva gli occhi azzurri. I ricercatori hanno determinato che l’individuo della zucca aveva nel gene HERC2 la mutazione che causa tale colore degli occhi.

L’unico modo per dimostrare che si tratta realmente di Luigi XVI, sarebbe quello di confrontare il profilo ottenuto per il cromosoma Y con il profilo genetico del cuore mummificato attribuito a suo figlio, Luigi XVII, conservato nella Basilica di Saint Denis a Parigi. Per certificare l’autenticità del campione i ricercatori stanno cercando inoltre di rintracciare eventuali discendenti diretti del re, anche per linea materna.