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Nuovi indizi sui denisoviani, la misteriosa specie umana scomparsa

Un molare inferiore rinvenuto nella Grotta di Denisova, in Siberia, è la quarta testimonianza di Homo denisoviensis scoperta fino ad oggi. Apparteneva ad un individuo femminile che sarebbe vissuto tra 100.000 e 150.000 anni fa


Un studio appena pubblicato sulla rivista “Science Advances” svela nuove informazioni
su quelli che con ogni probabilità sono i nostri antichi parenti più misteriosi: i denisoviani.

L'Homo di Denisova è una specie umana estinta di cui si è iniziato ad ipotizzare l’esistenza nel 2010, dopo l’analisi di alcuni piccoli resti (una falange e due denti) rinvenuti all’interno di una caverna – la Grotta di Denisova – situata nei Monti Altai, in Siberia.

La nuova ricerca - guidata dal Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, a cui ha preso parte anche Stefano Benazzi, docente al Dipartimento di Beni culturali dell’Università di Bologna – si è concentrata su un reperto ancora non studiato: un altro dente umano – un molare deciduo inferiore – rinvenuto nel 1984 sempre nella Grotta di Denisova.

L’analisi delle tracce di DNA antico presenti nel reperto hanno rivelato che il dente apparteneva ad un individuo femminile di Homo denisoviensis. Si tratta del quarto reperto di denisoviano individuato fino ad oggi, e i dati emersi dall’analisi ci permettono di aggiungere qualche tassello al quadro ancora nebuloso delle caratteristiche di questa specie umana.

Un indizio interessante arriva innanzitutto dalla datazione. Il molare analizzato – suggeriscono gli studiosi – risalirebbe a un periodo compreso tra 100.000 e 150.000 anni fa. Ipotesi che troverebbe conferma anche dallo strato da cui proviene il reperto, datato tra 128.000 e 227.000 anni fa. Poiché l’esemplare di denisova più antico scoperto fino ad oggi era stato datato tra 60.000 e 48.000 anni fa, il dente analizzato apparterrebbe di gran lunga al più antico dei quattro denisoviani finora scoperti. E il reperto sarebbe anche il più antico resto umano fossile mai trovato in Asia Centrale.

Nonostante la maggiore antichità, però, l’analisi del molare mostra che il DNA di questa “prima” denisoviana è in realtà molto simile a quello degli altri individui della sua specie vissuti decine di migliaia di anni più tardi. Questa ridotta variabilità genetica suggerisce che la popolazione che abitava quei luoghi fosse piuttosto piccola. All’interno di gruppi numericamente modesti, infatti, la diversità genetica resta bassa perché sono poche le possibilità di alimentare nuove mutazioni.

Questo però non vuol dire che non ci siano stati contatti con le altre specie umane allora esistenti. Dai dati emersi fino ad oggi, si può ipotizzare infatti che l’uomo di Denisova si sia separato dal suo comune antenato, l’uomo il Neandertal, in un periodo compreso tra 470.000 e 190.000 anni fa. E nella stessa Grotta di Denisova che ha svelato l’esistenza di questa nuova specie sono stati ritrovati anche resti umani neandertaliani.

Attraverso l’analisi del DNA antico, inoltre, sono stati individuati fenomeni di accoppiamento tra neandertaliani e denisoviani, ma anche tra denisoviani e uomo moderno (la nostra specie, l’Homo sapiens, si è staccata circa 500.000 anni fa dalla linea che avrebbe portato ai neanderthaliani e ai denisoviani).

Tracce degli intrecci tra Sapiens e Denisova, del resto, sono ben visibili ancora oggi. Ad esempio tra gli abitanti delle isole dell’Asia Sud-Orientale, che presentano un contributo tra il 6% e l’8% di DNA denisoviano. Ma anche nelle popolazioni tibetane, le quali avrebbero mantenuto alcuni geni propri dell’antica specie, utili per vivere in regioni ad alta quota.

È probabile, quindi, che l’area di diffusione dei denisoviani fosse piuttosto vasta. Ma per capire qualcosa di più su chi fossero e come vivessero questi nostri lontani cugini serviranno nuovi studi e nuove scoperte.


Photo credit: Slon et al. Sci. Adv. 2017; 3: e1700186.