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Filiera corta e nuove comunità: l'agricoltura urbana piace ai bolognesi

Ne riconoscono in particolare i vantaggi sociali: creazione di comunità, occupazione, recupero del territorio. E sono disposti a sostenerla partecipando in prima persona e acquistando i prodotti nati in città (se il prezzo non è troppo alto). Lo rivelano i risultati di uno studio promosso dal progetto europeo SustUrbanFoods, coordinato dall'Università di Bologna


I bolognesi apprezzano l’agricoltura urbana in tutte le sue forme e sono ben disposti a sostenerla, sia partecipando in prima persona ad iniziative e momenti di incontro, sia acquistando i prodotti nati dalle coltivazioni cittadine (solo uno su quattro, però, li pagherebbe di più dei prodotti tradizionali). A dirlo sono i risultati di uno studio promosso da SustUrbanFoods, il progetto coordinato dall’Università di Bologna e finanziato dalla Commissione Europea (Marie Skolodowska-Curie Actions) dedicato a studiare l’impatto dell’agricoltura in città.

I dati – pubblicati sulla rivista PLOS ONE – derivano da un’indagine che ha coinvolto 380 cittadini bolognesi. Lo scopo era capire quanto il tema dell’agricoltura urbana, i suoi tanti volti, i suoi benefici e i suoi prodotti siano conosciuti e accettati nel capoluogo emiliano. E i ricercatori ne hanno approfittato anche per confrontare i risultati ottenuti a Bologna con quelli di uno studio del tutto simile fatto a Berlino.

AGRICOLTURA URBANA?
Il primo dato interessate ad emergere è che, nonostante negli ultimi anni le iniziative che coinvolgono giardini e orti urbani siano in notevole aumento a Bologna, solo il 48% degli intervistati conosceva il termine “agricoltura urbana”. Questo non vuol dire però che le tante attività collegate a questa espressione non siano note in città. Anzi, il recupero e la valorizzazione di terreni inutilizzati, il ruolo educativo, di promozione e di inclusione sociale delle coltivazioni, la nascita di nuove comunità sono tutti elementi apprezzati dai bolognesi. Che sostengono in particolare le produzioni urbane biologiche e rispettose dell’ambiente, dall’orticoltura all’acquaponica fino alla produzione di miele.

E anche riguardo all’aspetto economico i giudizi sono positivi. Indossati i panni di consumatori, i cittadini bolognesi riconoscono diversi valori aggiunti nei prodotti nati dall’agricoltura urbana: la funzione di sostegno sociale legata a queste iniziative, la riduzione della distanza (e quindi della filiera) tra produttore e consumatore, la qualità più alta dei prodotti, la maggiore attenzione al rispetto dell’ambiente. E il prezzo? La risposta è ancora positiva, ma moderata. Il 69% degli intervistati, infatti, comprerebbe volentieri frutta e verdura nata negli orti e nei campi urbani se potesse pagarla quanto quella offerta dalla distribuzione tradizionale; solo il 27% però sarebbe disposto a sostenere un significativo aumento di prezzo.

BOLOGNA E BERLINO
Una volta elaborati i risultati dello studio, i ricercatori di SustUrbanFoods li hanno comparati con quelli di una ricerca del tutto simile svolta a Berlino, con l’obiettivo di mettere in luce affinità e differenze tra la realtà italiana e quella tedesca guardando a due città particolarmente attive nel campo dell’agricoltura urbana.

La valorizzazione dei parchi cittadini, le coltivazioni biologiche e a basso impatto ambientale, il rifiuto degli OGM e delle produzioni intensive sono tutte caratteristiche su cui bolognesi e berlinesi si trovano d’accordo. A Berlino, però, la propensione all’acquisto di frutta e verdura nata in città è decisamente minore – oscilla tra il 22 e il 50% – rispetto a Bologna, dove viaggia tra il 69 e il 92% dei consensi. I berlinesi, inoltre, sono particolarmente attenti al rispetto dei protocolli di produzione (ad esempio i requisiti che rendono un prodotto “biologico”) e all’alta qualità, mentre i bolognesi si concentrano in particolare sull’origine locale (o addirittura di quartiere) dei prodotti e sui vantaggi sociali – creazione di comunità, occupazione, recupero del territorio – legati alle esperienze di agricoltura urbana.

IL FUTURO DEGLI ORTI IN CITTÀ
Alla luce di questi risultati, quali sono i prossimi passi per il futuro delle coltivazioni cittadine? I ricercatori, innanzitutto, consigliano di rafforzare la promozione delle tante esperienze di agricoltura urbana a Bologna per fare in modo che sempre più cittadini arrivino a conoscerle.

Inoltre, la grande voglia dei bolognesi di sostenere queste iniziative, sia partecipando attivamente che attraverso l’acquisto di prodotti, suggerisce di pensare a nuove politiche di sostegno pensate ad hoc per questo settore. Una di queste – già avviata, da rafforzare – è lo sviluppo di attività specifiche che coinvolgano singole comunità locali, ad esempio di quartiere o di zona. Poi, servirebbero nuove politiche e azioni per sostenere la nascita di nuove imprese legate all’agricoltura urbana.

I PROTAGONISTI DELLO STUDIO
La ricerca è nata all’interno del progetto SustUrbanFoods, finanziato dalla Commissione Europea (Marie Skolodowska-Curie Actions) e coordinato dall’Università di Bologna con il Dipartimento di Scienze e tecnologie agro-alimentari e il Centro studi e ricerche in agricoltura urbana e biodiversità (ResCUE-AB).

I risultati sono stati pubblicati sulla rivista PLOS ONE  con il titolo “Social Acceptance and Perceived Ecosystem Services of Urban Agriculture in Southern Europe: The Case of Bologna, Italy”.