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L’enzima che protegge le cellule dall’instabilità genomica

Si chiama topoisomerasi I e ha un ruolo decisivo nel proteggere il genoma da mutazioni che possono portare la cellula verso uno sviluppo tumorale


Perché le cellule tumorali sono così resistenti agli effetti delle terapie? E come fanno a diffondersi con tanta facilità, raggiungendo anche organi molto distanti dal punto di origine del tumore? Il motivo principale sta nell’instabilità del loro genoma, che permette alle cellule di “evolvere” costantemente. Capire i meccanismi molecolari alla base di questa instabilità è allora molto importante per poter arrivare a sviluppare terapie mirate.

Un passo in avanti in questa direzione arriva da un nuovo studio che per la prima volta definisce il ruolo della topoisomerasi I – un enzima fondamentale nel processo di replicazione del DNA – nel proteggere le cellule dall’instabilità genomica. La ricerca – pubblicata sulla rivista Genome Biology – è nata tra l’Emilia e la California, coinvolgendo scienziati di Università di Bologna, Università della California a Davis e Università di Modena e Reggio Emilia.

GENOMI INSTABILI
Radiazioni, tossine, agenti chimici, ma anche sottoprodotti del normale metabolismo cellulare. Sono tutti elementi in grado di danneggiare il DNA degli organismi viventi, mettendo costantemente in pericolo la stabilità del genoma custodito all’interno delle cellule. Fortunatamente, però, le cellule possiedono anche diversi meccanismi in grado di riparare i danni subiti e ristabilire l’integrità della sequenza di DNA. In questo modo è possibile evitare conseguenze drastiche come la morte cellulare o particolarmente pericolose come la sopravvivenza di cellule con un genoma instabile.

Cosa succede però nelle cellule tumorali? “Le cellule tumorali hanno spesso perso uno o più di questi meccanismi di riparazione a causa delle diverse mutazioni che hanno subito”, spiega Giovanni Capranico, docente dell’Università di Bologna tra i coordinatori dello studio. “E questo ha come conseguenza l’aumentata instabilità genomica delle cellule tumorali rispetto alle cellule normali”.

REPLICAZIONE E TRASCRIZIONE
Diversi studi hanno mostrato che il danno al DNA subito nelle cellule tumorali nasce da cause “interne” alle cellule stesse. Moltiplicandosi molto più rapidamente delle cellule normali, infatti, le cellule tumorali presentano un’attività genica più elevata, necessaria per produrre tutte le proteine di cui hanno bisogno. “Questa aumentata espressione genica – spiega ancora il professor Capranico – comporta però anche una più elevata interferenza tra replicazione ed espressione genica: si parla in questi casi di replication/transcription conflicts, ovvero conflitti tra replicazione e trascrizione”.

A livello molecolare, questi conflitti sono causati da una struttura non canonica del DNA – nota come R-loop – in cui al posto della classica doppia elica sono presenti due filamenti di DNA e uno di RNA.

Ed è qui che entra in gioco il lavoro dei ricercatori sulla topoisomerasi I. Grazie alla sua capacità di regolare le regioni genomiche che compongono le strutture R-loop, l’enzima topoisomerasi I ha infatti un ruolo decisivo per evitare che all’interno delle cellule si generino conflitti tra replicazione e trascrizione.

MECCANISMI MOLECOLARI E NUOVE TERAPIE
“Il nostro studio – dice Capranico – definisce in modo circostanziato sia tutte le regioni genomiche che si strutturano in R-loop che il ruolo della topoisomerasi I nel modularli, riducendoli nei geni espressi e regolandoli positivamente nelle regioni dove la replicazione ha inizio”. Un processo di regolazione molto preciso, insomma, che si rivela fondamentale per proteggere le cellule dal rischio di instabilità genomica o di ridotta vitalità.

Ma in che modo queste nuove conoscenze possono essere d’aiuto per la lotta contro i tumori? “Approfondire la conoscenza dei meccanismi molecolari è essenziale per sviluppare nuove terapie antitumorali ancora più efficaci”, spiega Capranico. “Oggi, ad esempio, la topoisomerasi I è un bersaglio di alcuni farmaci antitumorali (della classe delle camptotecine) molto efficaci per la terapia del cancro al colon, all’ovaio e al polmone. Questi famaci agiscono inibendo l'enzima e aumentando così gli R-loop e i conflitti tra replicazione e trascrizione: in questo modo si arriva alla morte delle cellule tumorali”. Capire cosa anima l’instabilità del genoma tumorale, insomma, può rivelarsi molto utile per arrivare a sviluppare terapie curative. “Nell’ambito della medicina personalizzata, lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche antitumorali dipende dalla conoscenza dei meccanismi molecolari e genetici dei processi vitali della cellula”, conferma il professor Capranico.

I PROTAGONISTI DELLO STUDIO
Lo studio, pubblicato sulla rivista Genome Biology, è stato realizzato da ricercatori del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna e dell’Università della California a Davis, a cui si sono aggiunti anche due docenti dell’Università di Modena e Reggio Emilia. In particolare, per l’Università di Bologna gli autori sono Stefano G. Manzo, Jessica Marinello e Giovanni Capranico.