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Gli effetti dell'invecchiamento nascosti nel cfDNA

Mettendo a confronto il DNA libero circolante (cfDNA) di individui con età e condizioni di salute differenti, un gruppo internazionale di ricercatori ha rilevato che la struttura genetica di persone centenarie in buona salute è del tutto simile a quella di individui di settantacinque anni più giovani


L'invecchiamento non è solo una questione di età, anche a livello genetico. A suggerirlo è un gruppo internazionale di ricercatori che ha messo a confronto il DNA libero circolante (cfDNA) - frammenti di informazione genetica che circolano nel sangue fuori dalle cellule - di individui con età e condizioni di salute differenti, rilevando che la struttura genetica di persone centenarie in buona salute è del tutto simile a quella di individui di settantacinque anni più giovani. Un risultato che offre indicazioni per comprendere meglio l'impatto del passaggio degli anni sulla nostra salute e potrebbe aiutare gli studiosi a testare l'efficacia di farmaci anti-invecchiamento.

Lo studio è stato messo a punto da ricercatori della Brown University (USA), dell'Università di Bologna e della Universidade Federal de Minas Gerais di Belo Horizonte (Brasile). Attraverso tecniche di sequenziamento genetico, gli studiosi hanno esaminato il DNA libero circolante (cfDNA) di dodici individui, tutti residenti a Bologna, suddivisi in quattro gruppi di età: giovani di circa 25 anni, anziani di circa 70 anni, centenari in buone condizioni di salute e centenari costretti a letto, in condizioni di salute non buone.

Lo sguardo dei ricercatori si è concentrato in particolare sui nucleosomi, strutture presenti all'interno delle cellule sulla cui superficie si avvolge il DNA. E dall'analisi è emerso che il profilo dei nucleosomi delle persone centenarie in buona salute è simile a quello rilevato nel gruppo dei venticinquenni, mentre i nucleosomi dei centenari in condizioni di salute non buone e quelli degli anziani settantenni erano coerenti con una maggiore età biologica.

L'analisi del cfDNA potrebbe quindi rivelarsi uno strumento particolarmente efficace per ottenere indicazioni sul nostro stato di salute e sulla nostra età biologica, a dispetto di quella cronologica. "Questi risultati - spiega Miriam Capri, ricercatrice dell'Università di Bologna che ha collaborato allo studio - aprono la strada per identificare metodi in grado di prevedere problemi di salute e contrastare la mortalità". In questo senso, il cfDNA potrebbe essere utilizzato per testare l'efficacia di nuovi farmaci pensati per mitigare gli effetti dell'invecchiamento.

La ricerca è stata pubblicata sulla sulla rivista Aging Cell con il titolo "Cell‐free DNA as a biomarker of aging" a cura di ricercatori della Brown University (USA), dell'Università di Bologna e della Universidade Federal de Minas Gerais di Belo Horizonte (Brasile). Per l'Alma Mater hanno contribuito Miriam Capri, Cristina Morsiani, Grazia Pizza e Claudio Franceschi.