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Tecnopolo: cresce la sede di Ozzano "Rita Levi-Montalcini"

Nel polo di eccellenza, gestito da Fondazione IRET, nuovi laboratori per la ricerca d’avanguardia sulle malattie neurodegenerative. Grazie al contributo della Regione Emilia-Romagna, la struttura avrà nuovi laboratori e servizi dedicati alle attività del gruppo di ricerca guidato dalle professoresse Unibo Laura Calzà e Luciana Giardino


La ricerca in Emilia-Romagna taglia un nuovo traguardo: è stato inaugurato oggi - alla presenza del sottosegretario alla salute Sandra Zampa, del presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, del rettore dell’Università di Bologna Francesco Ubertini, del sindaco di Bologna Virginio Merola e del sindaco di Ozzano Luca Lelli - l’ampliamento del Tecnopolo di Bologna “Rita Levi-Montalcini”, con sede a Ozzano dell’Emilia. Con una superficie di 750 metri quadrati, la struttura potrà godere di nuovi laboratori e strumentazione sempre più all'avanguardia per la ricerca nel campo delle malattie neurodegenerative. La gestione del Tecnopolo è da sempre affidata alla Fondazione Iret: ente di ricerca scientifica indipendente e nonprofit, guidato dalle docenti universitarie - allieve e collaboratrici per quindici anni di Rita Levi Montalcini - Laura Calzà e Luciana Giardino, rispettivamente direttore scientifico e presidente della Fondazione.

In questo polo medico-scientifico d’avanguardia, inaugurato nel 2012 in forte sinergia con l’Università di Bologna, lavorano oggi 15 giovani ricercatori che studiano le malattie degenerative e le lesioni del sistema nervoso centrale come la sclerosi multipla, la malattia di Alzheimer, le demenze vascolari, il Parkinson, le lesioni traumatiche midollari e il dolore cronico. Il loro lavoro ha l'obiettivo di individuare strategie innovative per contrastarne l’avanzamento, ripararne i danni e individuare le cause per prevenirne l’insorgenza.

Le malattie neurodegenerative sono una delle emergenze sociali, spesso sottovalutata, del ventunesimo secolo. La demenza di Alzheimer colpisce circa 900 mila persone in Italia, il Parkinson 250 mila, la sclerosi multipla un abitante ogni 1.100 tra i 15 e i 50 anni. E le tendenze demografiche assieme ai cambiamenti negli stili di vita porteranno inevitabilmente ad un’esplosione del problema nei prossimi decenni, con un impatto sociale e costi elevatissimi, al punto da mettere a repentaglio la sostenibilità dei sistemi di welfare.

In quello che si configura dunque come un settore di ricerca fondamentale, Fondazione Iret ha compiuto in questi anni importanti passi avanti. Per i quali è stato determinante il ruolo delle più recenti tecnologie a disposizione dei ricercatori del Tecnopolo, da un’avanzatissima postazione dello studio del comportamento spontaneo-cognitivo e sensitivo-motorio a strumenti di amplificazione e quantificazione del DNA, fino a sofisticati microscopi che, grazie raggi laser, permettono di studiare le cellule vive con un’eccezionale risoluzione, arrivando al cuore delle molecole. Queste tecnologie e conoscenze sono state inoltre ottimizzate per lo sviluppo di terapie innovative, anche al servizio della ricerca industriale.

"Nelle malattie neurodegenerative le terapie disponibili sono sintomatiche e in pochi casi modificano la storia naturale di malattia, dunque la ricerca di base è di primaria importanza; e anche quando non è possibile, ad oggi, intervenire direttamente sulle cause, è però possibile limitare e ritardare l’insorgenza delle disabilità gravi utilizzando approcci innovativi focalizzati sulle fasi precoci della malattia", commenta Laura Calzà, docente di Medicina rigenerativa e Scienze Cognitive dell’Università di Bologna.

"Gli obiettivi che ci poniamo per i prossimi tre anni sono chiari", aggiunge Luciana Giardino, docente di Anatomia veterinaria dell’Università di Bologna. "Prima di tutto identificare due elementi di prevenzione secondaria della malattia di Alzheimer, poi definire nell'ambito della medicina rigenerativa la formulazione di un nuovo prodotto farmacologico-biotecnologico per lesioni acute di cervello e midollo spinale, e identificare, per quanto riguarda le malattie rare, approcci terapeutici per modificare la storia naturale di malattia dei piccoli pazienti. È necessario il sostegno di tutti coloro che credono nel valore del progresso scientifico e sono disponibili a impegnarsi in prima persona perché si riesca a fare di più, e prima".