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Il grande squalo bianco abita il Mediterraneo da almeno 3,2 milioni di anni (e ci è arrivato dall’Oceano Pacifico)

Un gruppo internazionale di ricercatori guidato dall'Università di Bologna è riuscito a ricostruire la complessa storia evolutiva di questo grande predatore dei mari confrontando i dati genetici ottenuti dall'analisi di reperti storici come denti, mascelle e vertebre. Ma dai risultati emerge anche che la popolazione mediterranea è oggi a rischio di estinzione


Gli studiosi hanno analizzato reperti storici di squali bianchi custoditi i musei e collezioni private


Il grande squalo bianco nuota nelle acque del Mediterraneo da almeno 3,2 milioni di anni, molto più a lungo di quanto ipotizzato finora. E la popolazione presente oggi nel Mediterraneo è geneticamente più simile agli squali bianchi che abitano l’Oceano Pacifico rispetto ai loro vicini dell’Oceano Atlantico.

Partendo dall'analisi di reperti custoditi nei musei e trofei storici, un gruppo internazionale di ricercatori guidato da studiosi dell’Università di Bologna è riuscito a sequenziare il DNA della popolazione di squali bianchi presenti nel Mediterraneo ricostruendo, con un approccio che combina genetica e modelli matematici, la loro inusuale storia evolutiva. E lanciando un allarme per la loro possibile estinzione. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Biogeography.

"La storia evolutiva delle popolazioni di squalo bianco è molto complessa: un caso peculiare che ha dato vita ad una serie di popolazioni stanziali distribuite attorno al globo, tra cui la popolazione di squali bianchi del Mare Nostrum, che è unica nel suo genere", spiega Agostino Leone, ricercatore dell'Università di Bologna, primo autore dello studio. "Gli squali bianchi oggi presenti nel Mediterraneo, però, mostrano un tasso di variabilità genetica molto basso, e questo potrebbe indicare un gruppo di esemplari molto piccolo, in pericolo di estinzione".

REPERTI STORICI E DNA
Il grande squalo bianco (nome scientifico Carcharodon carcharias) è il più grande pesce predatore esistente sul pianeta: può arrivare a superare i 6 metri di lunghezza per oltre una tonnellata di peso. Oggi se ne possono trovare esemplari al largo del Sudafrica, dell’Australia e della Nuova Zelanda, del Giappone e del Nord e Sud America, oltre che nel Mediterraneo. Nonostante però sia un animale iconico, protagonista di film e documentari di grande successo – dal celebre “Lo squalo” di Spielberg in avanti –, la sua storia è ancora poco conosciuta.

Lo squalo bianco del Mediterraneo, in particolare, è stato fino ad oggi poco studiato, a causa di una popolazione che nell'ultimo secolo è molto diminuita, cosa che ha reso difficile trovare esemplari da analizzare. Per superare questo problema, i ricercatori protagonisti di questo nuovo studio hanno allora pensato di rivolgersi ai musei e alle collezioni private italiane che custodiscono reperti storici di squali bianchi come denti, mascelle e vertebre risalenti agli ultimi due secoli. Grazie a nuove tecnologie che permettono lo studio del genoma antico, gli studiosi sono così riusciti a ricostruire sequenze del DNA mitocondriale di diversi squali bianchi del Mediterraneo da confrontare con quelle delle altre popolazioni presenti sul pianeta.

“Questi nuovi dati ci hanno permesso di osservare la diversità biologica della popolazione mediterranea di squalo bianco”, dice Agostino Leone. “Analizzando e confrontando sequenze di DNA di esemplari diversi, siamo riusciti a calcolare che la popolazione di squali bianchi del Mediterraneo ha iniziato ad accumulare le mutazioni che l’hanno differenziata dalle altre popolazioni globali intorno a 3,2 milioni di anni fa, smentendo così le credenze passate sulla colonizzazione del Mediterraneo da parte di questa specie solo a partire da circa 450 mila anni fa”.

L'analisi ha permesso di ricostruire la storia evolutiva dello squalo bianco del Mediterraneo


DAL PACIFICO AL MEDITERRANEO
Un’origine così antica – molto più antica di quanto si pensava fino ad oggi – ha permesso inoltre di confermare che lo squalo bianco del Mediterraneo è più simile agli squali bianchi che abitano l’Oceano Pacifico rispetto a quelli del vicino Oceano Atlantico. Un’affinità che si può spiegare solo ricostruendo il lungo percorso di colonizzazione di questo grande predatore attraverso gli oceani.

Secondo gli studiosi, la popolazione di squali bianchi che oggi vive nel Mediterraneo discenderebbe da esemplari provenienti dall'Oceano Pacifico, che passarono nell'Atlantico attraverso il canale del Centro America prima della formazione dell’Istmo di Panama, arrivando poi anche nel Mediterraneo. Quando però circa 3,5 milioni di anni fa la nascita dell’Istmo di Panama chiuse il canale tra Nord e Sud America, l’Oceano Atlantico subì forti cambiamenti climatici che portarono all'estinzione di molte specie marine, tra cui probabilmente anche lo squalo bianco. L’Atlantico si sarebbe quindi ripopolato di squali bianchi solo in tempi recenti, probabilmente grazie a migrazioni di esemplari dal Sudafrica: da qui la differenza genetica attuale con gli squali bianchi del Mediterraneo.

C’è infine un altro aspetto, molto preoccupante, emerso dallo studio del DNA dello squalo bianco del Mediterraneo: il basso tasso di variabilità genetica tra esemplari diversi. Un dato che suggerisce la presenza di una popolazione molto piccola e quindi in pericolo di estinzione. "La popolazione mediterranea di squalo bianco è probabilmente una piccola comunità in pericolo”, conferma Agostino Leone. “È molto importante mettere in campo azioni per salvarla: la sua scomparsa sarebbe senza dubbio molto dannosa per gli equilibri ecologici del Mediterraneo e per la già precaria situazione a livello globale di questi maestosi predatori del mare”.

I PROTAGONISITI DELLO STUDIO
Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Biogeography con il titolo “Pliocene colonization of the Mediterranean by Great White Shark inferred from fossil records, historical jaws, phylogeographic and divergence time analyses”. La ricerca è stata realizzata da un gruppo internazionale di studiosi coordinati da Fausto Tinti, Alessia Cariani e Agostino Leone del Laboratorio di Genetica e Genomica delle Risorse e dell'Ambiente Marino (GenoDREAM) del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna. Per l’Università di Bologna hanno collaborato inoltre studiosi del Museo di Anatomia Comparata e del Dipartimento di Beni Culturali.