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Il test Unibo per la prevenzione del tumore del colon-retto, efficace e non invasivo

L’esame diagnostico, ideato da un gruppo di studiosi dell’Università di Bologna, si basa su un semplice prelievo di sangue (ne basta un millilitro): un nuovo studio ne conferma l’alto livello di sensibilità e l’elevata capacità di individuare i pazienti sani e quelli a rischio


Gli studiosi Gabriella Mattei, Rossella Solmi ed Enea Ferlizza, parte del team che ha realizzato la nuova ricerca sull'efficacia del test diagnostico nato all'Università di Bologna


È sufficiente un piccolo prelievo di sangue per ottenere una diagnosi precoce del tumore del colon-retto, una delle più diffuse forme di cancro al mondo. Un gruppo di studiosi dell’Università di Bologna ha ottenuto nuove conferme sull’efficacia di un test diagnostico (già brevettato) che permette di ottenere risultati affidabili in modo semplice e non invasivo.

Pubblicato sul Journal of Advanced Research, il nuovo studio ha messo alla prova l’efficacia del test esaminando un gruppo di pazienti risultati negativi all’esame immunochimico fecale (FIT), il più diffuso esame di screening per questa malattia. “Questo nuovo metodo è veloce, affidabile, efficace ed economico”, spiega Rossella Solmi, ricercatrice dell’Università di Bologna, tra gli autori dello studio. “I risultati che abbiamo ottenuto da questo studio, insieme ai dati già ottenuti in precedenza, ci confermano che il test ha un alto livello di sensibilità e un’elevata capacità di distinguere i pazienti sani da quelli a rischio”.

Il tumore del colon-retto è la terza tipologia di malattia oncologica per diffusione a livello mondiale e la seconda per mortalità: nel 2018 sono stati diagnosticati 1,8 milioni di nuovi casi e sono stati registrati 880.000 decessi. Lo strumento migliore per difendersi è la prevenzione, che oggi avviene attraverso il test immunochimico fecale (FIT): un esame per individuare la presenza di sangue occulto nelle feci. Se l’esito del test è positivo il passo successivo è la colonscopia, dalla quale è possibile ottenere una diagnosi sicura.

A questi strumenti, si potrebbe aggiungere il nuovo test sviluppato dai ricercatori dell’Università di Bologna, per il quale è sufficiente il prelievo di un millilitro di sangue. L’esame si basa sull’analisi del livello di espressione di quattro marcatori genetici (CEACAM6, LGALS4, TSPAN8 e COL1A2, riassunti nella sigla CELTiC) collegati alla presenza della malattia.

I quattro marcatori sono stati inizialmente individuati attraverso un’analisi bioinformatica e la loro efficacia è stata poi testata con buoni risultati su gruppi di pazienti sani e pazienti affetti da carcinoma del colon-retto. In seguito, è stata fatta una nuova indagine su un gruppo di pazienti risultati positivi all’esame FIT e poi sottoposti a colonscopia, dalla quale è emersa la capacità del test di distinguere anche i soggetti sani da quelli che avevano ottenuto risultati falsi-positivi e di individuare i soggetti con lesioni che possono portare allo sviluppo della malattia.

Questo ulteriore studio permette ora di fare un nuovo passo avanti nella verifica delle capacità del test diagnostico. “Il nostro obiettivo era valutare la capacità del test di distinguere i soggetti risultati negativi all'esame FIT”, dice Rossella Solmi. “Per farlo abbiamo coinvolto 174 volontari, che voglio ringraziare perché il loro contributo è stato indispensabile”. I risultati, ancora una volta, hanno mostrato l’efficacia del test e offerto anche nuove importanti informazioni. “Il confronto tra il gruppo di soggetti negativi al FIT con i gruppi analizzati nei precedenti studi ha confermato la potenzialità del pannello CELTiC di distinguere sia i soggetti affetti da lesioni gravi o con carcinoma, sia i soggetti FIT falsamente positivi”, spiega Solmi. "Inoltre, i dati ottenuti ci hanno consentito di porre le basi per ottenere i valori soglia dell’espressione dei quattro marcatori in soggetti certamente sani nella fascia di età dai 50 ai 70 anni, e abbiamo potuto rilevare anche interessanti differenze di espressione di alcuni dei marcatori in relazione al sesso e all’età”. Il nuovo test nato dalla ricerca Unibo conferma insomma le sue potenzialità diagnostiche e potrebbe rivelarsi uno strumento grazie al quale aumentare sensibilmente il numero di persone sottoposte a controlli preventivi per questa pericolosa malattia.

Lo studio, realizzato da un team di ricercatori dell’Università di Bologna, è stato pubblicato sul Journal of Advanced Research con il titolo “Colorectal cancer screening: Assessment of CEACAM6, LGALS4, TSPAN8 and COL1A2 as blood markers in faecal immunochemical test negative subjects”. Gli autori sono Enea Ferlizza, Rossella Solmi, Gabriella Mattei, Michela Sgarzi e Mattia Lauriola del Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale, insieme a Rossella Miglio e Elena Nardi del Dipartimento di Scienze Statistiche “Paolo Fortunati”. Hanno collaborato inoltre le dottoresse Daniela Solmi e Maria Carmen Biffoni del Laboratorio Analisi Sant'Antonio (Bologna). Il progetto è stato realizzato con il contributo della Fondazione Enzo Piccinini.