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Rinviato a data da destinarsi: incontro con Francesco Guccini e il Cardinale Zuppi per parlare di Dio è morto

In ottemperanza alle disposizioni della Regione Emilia Romagna, sulle azioni da mettere in atto per limitare la diffusione del Coronavirus, l'evento è stato rimandato a data da destinarsi

Rinviato a data da destinarsi.

Sabato 29 febbraio, alle 17.45, nell’Aula Magna di Santa Lucia (Via Castiglione, 36 - Bologna), si svolgerà l'evento "Dio è morto? Alla ricerca di qualcosa che non trovano" che, dopo i saluti del Rettore Francesco Ubertini, vedrà gli interventi del S. E. Card. Matteo Zuppi e di Francesco Guccini, stimolati dal direttore di QN il Resto del Carlino Michele Brambilla.

Un dibattito organizzato nell'ambito del programma di eventi collaterali della mostra “NOI. Non erano solo canzonette” in scena a Palazzo Belloni a Bologna. La musica di uno specifico periodo storico va di pari passo con la letteratura, l’arte, la politica di quel tempo e una canzone, non meno di un libro o di un dipinto, riflette il momento in cui è stata immaginata, scritta e cantata. Comunicando di volta in volta l’urgenza della protesta, il languore dell’amore, la forza di un ideale, la canzone popolare trova la propria strada in tutte le epoche ed eventi della Storia. Dai grandi avvenimenti fino alla routine quotidiana, la musica narra, descrive, preconizza e, infine, fissa nella memoria.

Nel 1965, Francesco Guccini scrive Dio è morto (se Dio muore, è per tre giorni poi risorge), una “canzonetta” che in breve assurge a specchio di un sentimento molto diffuso tra i giovani della fine degli anni Sessanta. Il movimento hippy e la protesta studentesca portano anche in Italia la consapevolezza della necessità di un cambiamento della società, dell'uomo, che è giunto “il momento di negare tutto ciò che è falsità”.

Il mondo che circonda i giovani del periodo è pieno di contraddizioni: dietro a ideali formalmente proclamati sta lo spettacolo di una società piena di ipocrisie e meschinità. Il “dio” di quella società è morto (“nelle auto prese a rate... nei miti dell'estate... coi miti della razza... con gli odi di partito”), non convince più nessuno, se non chi cerca un “perbenismo interessato”. E’ giunto il momento di cercare un “dio risorto” dentro ideali nuovi, dentro la novità di “ciò in cui crediamo e vogliamo”, dentro “il mondo che faremo”.

E' evidente il riferimento al Dio cristiano, alla persona di Cristo stesso, in cui però la resurrezione è vista come qualcosa di ideale, simbolico, trasfigurato in un umanitarismo universale. Il protagonista, più che un chiaro ideale Cristiano, sembra essere l'utopia, la proiezione verso un futuro radioso realizzato con le proprie forze. Guccini pensa lo si possa fare perché la sua generazione, e lui con essa, è preparata a farlo.

Ma ciò che accade dalla fine degli anni sessanta in poi ci mostra come il percorso sia stato accidentato, come la necessità di riformare la società sia un’esigenza che continuamente s i ripropone, come l’utopia non riesca ad avere la forza per rispondere alle istanze dei giovani, di quella e delle generazioni successive, conducendo anzi a volte sulla strade della violenza e della delusione, quelle stesse da cui la canzone, descrivendole, prende le mosse.

E’ lo stesso Guccini che, a posteriori, si interroga su questa impossibilità di cambiamento formulando una sua possibile risposta: “A volte mi chiedo come Auschwitz o Dio è morto, canzoni scritte nel 1964-66, piacciano ancora così tanto e appaiano sempre attuali... Il merito però, devo dire, non è del tutto mio ma degli sponsor di queste canzoni, i razzisti e gli imbecilli che, a quanto pare, tornano periodicamente alla ribalta”.


L’evento è aperto al pubblico, con ingresso libero previa registrazione (dal 21 febbraio) Per soddisfare le numerose richieste, sarà possibile assistere al confronto in diretta streaming