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Sclerosi multipla: l’immunoterapia può frenare l’avanzare della disabilità nella fase secondariamente progressiva

Per i pazienti che continuano ad avere “ricadute”, i farmaci immunomodulanti e antinfiammatori utilizzati solitamente nella fase più precoce della malattia possono rallentare l’accumulo di disabilità


L’
immunoterapia può contribuire a rallentare la progressione della disabilità nei pazienti affetti da sclerosi multipla secondariamente progressiva (SMSP) in fase attiva, rivela uno studio internazionale pubblicato su JAMA Neurology. I risultati suggeriscono che i farmaci immunomodulanti e antinfiammatori che vengono solitamente usati per trattare le forme più precoci della malattia potrebbero avere un ruolo anche nella fase più avanzata della sclerosi multipla.

“I pazienti con sclerosi multipla in fase secondariamente progressiva si ritrovano ad accumulare disabilità fino a divenire del tutto dipendenti da altri”, spiega Alessandra Lugaresi, professoressa dell’Università di Bologna che ha partecipato allo studio. “Ad oggi le terapie utilizzate per contrastare questa fase della malattia sono molto poche e per questo è importante arrivare ad identificare ulteriori possibili trattamenti”.

La forma più comune di sclerosi multipla è quella recidivante-remittente (RR), caratterizzata da episodi acuti di disfunzione neurologica, noti come “ricadute”, seguiti da periodi di scomparsa dei sintomi, noti come “remissioni”. La malattia può però nel tempo evolvere in sclerosi multipla secondariamente progressiva (SMSP): una forma che può continuare a provocare periodiche “ricadute” e che porta i pazienti ad accumulare disabilità permanenti.

Analizzando i casi di 1621 pazienti affetti da SMSP, i ricercatori hanno allora cercato di valutare sia quanto le “ricadute” influiscono sull’avanzare della disabilità, sia se le terapie messe in campo prima e durante questa fase della malattia possano rallentare questo processo.

“I dati dello studio mostrano innanzitutto che le terapie ricevute e le ricadute che si sono manifestate durante la fase recidivante-remittente della malattia non sono associate ad un maggiore o minore accumulo di disabilità durante la fase secondariamente progressiva”, dice Lugaresi. “Una maggiore frequenza di ricadute durante questa seconda fase della malattia è però associata ad un maggiore rischio per i pazienti di diventare dipendenti dalla sedia a rotelle”.

Le “ricadute” emergono quindi come un possibile bersaglio di trattamento, che potrebbe portare ad un rallentamento della progressione della disabilità. Dallo studio è emerso infatti che le terapie immunomodulanti (che modificano cioè il comportamento del sistema immunitario) utilizzate per trattare la forma più precoce di sclerosi multipla possono anche frenare l’accumulo di disabilità per i pazienti con SMSP in fase attiva, che presentano cioè fasi di “ricaduta”.

“Abbiamo documentato un rallentamento dell’accumulo di disabilità nei pazienti con SMSP attiva se si utilizzano farmaci ad attività immunomodulante e antinfiammatoria”, conferma Lugaresi. “Questi farmaci, destinati solitamente alle forme più precoci della malattia, possono avere un effetto positivo anche nella fase secondariamente progressiva, se continuano ad esserci ricadute. Questa scoperta potrebbe condurre ad un’estensione dell’uso dei farmaci immunomodulanti ed antinfiammatori alle forme di SMSP, con possibile miglioramento della prognosi di questi pazienti”.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista JAMA Neurology con il titolo “Association of Sustained Immunotherapy With Disability Outcomes in Patients With Active Secondary Progressive Multiple Sclerosis”. La ricerca è stata coordinata da studiosi della University of Melbourne (Australia); per l’Università di Bologna ha partecipato la professoressa Alessandra Lugaresi del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie.