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Un consorzio mondiale per le scienze planetarie: l’Alma Mater partecipa alla Europlanet 2024 Research Infrastructure

Finanziato con 10 milioni di euro dalla Commissione Europea, il progetto darà vita ad un grande network di scienziati che potranno condividere studi ed esperimenti in ambienti analoghi di condizioni extraterrestri, laboratori di analisi, telescopi e banche dati


Le sorgenti idrotermali del vulcano Dallol, in Etiopia: uno dei siti geologici coinvolti nel nuovo progetto Europlanet 2024 Research Infrastructure (Foto: Barbara Cavalazzi)


Un grande consorzio mondiale per lo studio dei pianeti del sistema solare e di sistemi extrasolari, attraverso studi ed esperimenti in ambienti analoghi di condizioni extraterrestri, l’utilizzo di laboratori analitici d’avanguardia, di telescopi, banche dati comuni e una rete internazionale di collaborazioni. È l'Europlanet 2024 Research Infrastructure, finanziato con 10 milioni di euro dalla Commissione Europea. Il progetto, attivo all'interno dell'Europlanet Society, nasce da un consorzio di 53 istituzioni di 21 paesi, tra cui l’Università di Bologna, a cui si aggiungono altri 44 partner affiliati.

“Vogliamo dar vita ad una rete globale di scienziati che collaborano allo studio e allo sviluppo delle scienze planetarie, favorendo così anche un utilizzo e una crescita sostenibile di nuove infrastrutture di ricerca”, spiega Barbara Cavalazzi, ricercatrice al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche ed Ambientali dell’Alma Mater che segue all'interno del consorzio le iniziative legate agli analoghi terrestri e alle collaborazioni internazionali. “Grazie all'importante contributo che arriverà da ognuna delle istituzioni coinvolte, potremo sviluppare nuove collaborazioni scientifiche e nuove attività divulgative”.

Questa grande comunità globale di scienziati avrà accesso a cinque siti geologici sparsi in tutto il mondo, dall'Africa al circolo polare artico, in cui sarà possibile ritrovare condizioni climatiche e fisiche estreme, paragonabili a quelle presenti su altri corpi planetari. Tra questi ci sono ad esempio le sorgenti idrotermali del vulcano Dallol, in Etiopia, dove si registrano fenomeni simili a quelli che si pensa accadessero in tempi remoti sulla superficie di Marte e, probabilmente, della Terra primitiva. Oppure ambienti ghiacciati simili a quelli presenti su Europa e Ganimede, due satelliti di Giove. O ancora grotte di origine lavica come quelle che si ipotizza esistano oggi sulla Luna o su Marte e che potrebbero in futuro ospitare colonie umane.

Altre simulazioni di ambienti planetari – dalle roventi superfici di Mercurio e di Venere alle potenti tempeste di sabbia marziane, fino al freddo estremo di Urano e di Nettuno – potranno essere realizzate anche in laboratorio, grazie ad una rete di 11 infrastrutture di ricerca; mentre altri 13 laboratori saranno pronti per analizzare campioni e individuare la presenza di microrganismi estremi.

Inoltre, l’ampia rete di università e istituti di ricerca coinvolti nel progetto è pronta a collaborare con la comunità degli astronomi amatoriali, attraverso un network di telescopi diffuso in tutto il mondo per dare supporto rapidamente alle future missioni planetarie. Sarà poi ampliato il numero di database condivisi che contengono preziose informazioni sulle missioni spaziali del passato, le campagne di osservazione, le simulazioni e gli esperimenti di laboratorio effettuati fino ad oggi. E sarà esteso anche il servizio meteorologico spaziale di Europlanet, in modo da poter realizzare previsioni legate ai mutamenti dell’attività solare e supportare l’analisi dei dati raccolti.