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Fotocatalizzatori più efficienti per nuove tecnologie verdi

Grazie all’uso del laser ad elettroni liberi FERMI di Trieste, sono stati chiariti i meccanismi ultraveloci di trasferimento dell’energia all'interno dei materiali che permettono la fotocatalisi: i risultati aiuteranno a sviluppare nuovi catalizzatori per applicazioni green, dalla riduzione della CO2 in atmosfera alla purificazione dell’acqua e delle superfici


Supporto ultrasottile (100 nanometri) di parilene all’interno della sorgente di nanoparticelle durante la crescita del campione


Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nano Letters chiarisce i meccanismi ultraveloci di trasferimento dell'energia che avvengono all’interno dei fotocatalizzatori: materiali che, utilizzando la luce solare per stimolare particolari reazioni chimiche, possono rivelarsi fondamentali per lo sviluppo di nuove tecnologie verdi. I risultati ottenuti contribuiranno a migliorare l'efficienza della fotocatalisi applicata all’energia e all'ambiente, favorendo così la nascita di tecnologie per la produzione di idrogeno verde a partire dall’acqua, oppure per la riduzione della CO2 in atmosfera, o ancora per la purificazione dell’acqua o delle superfici da sostanze contaminanti.

Lo studio nasce da una collaborazione tutta italiana che ha coinvolto l’Istituto nanoscienze (Cnr-Nano) e l’Istituto di struttura della materia (Cnr-Ism) del Consiglio nazionale delle ricerche, l’Università di Modena e Reggio Emilia, Elettra-Sincrotrone Trieste e l’Università di Bologna.

"Si tratta di un bell’esempio di collaborazione tra università ed enti di ricerca per risolvere un problema di grande rilevanza in ambito energetico", spiega Federico Boscherini, professore ordinario presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia "Augusto Righi" dell'Università di Bologna, tra gli autori dello studio. "Questi risultati sono il coronamento del progetto PRIN 2015 NEWLI, coordinato dall'Alma Mater, e nascono grazie all'utilizzo di una sorgente di luce unica: il laser a elettroni liberi FERMI di Trieste".

"Gli esperimenti condotti erano irrealizzabili fino a pochi anni fa”, aggiunge Emiliano Principi di Elettra-Sincrotrone Trieste. “Oggi, la tecnologia di FERMI offre finalmente la preziosa opportunità di accelerare la ricerca di nuovi materiali funzionali attivati dalla luce".

L’apparato sperimentale presso il laser a elettroni liberi FERMI di Trieste


I ricercatori hanno studiato fotocatalizzatori ibridi composti da nanoparticelle metalliche combinate con degli ossidi semiconduttori. "In questi materiali le nanoparticelle assorbono la luce attraverso oscillazioni collettive degli elettroni, note come risonanze plasmoniche", spiega Paola Luches di Cnr-Nano, che ha coordinato lo studio insieme a Jacopo Stefano Pelli Cresi di Elettra-Sincrotrone Trieste. "Queste trasferiscono poi l’energia assorbita all’ossido con un meccanismo finora non completamente compreso, ma fondamentale per determinare la buona o cattiva efficienza del catalizzatore".

Gli studiosi hanno così dimostrato che le nanoparticelle metalliche, in seguito all’assorbimento della luce, trasferiscono elettroni all’ossido tramite un processo ultraveloce e molto efficiente, che avviene entro un tempo brevissimo, inferiore a 200 femtosecondi (1 femtosecondo equivale a un milionesimo di miliardesimo di secondo) dal momento in cui la luce viene assorbita.

Misure così precise sono state possibili grazie alle caratteristiche avanzate di FERMI. "Si tratta di una sorgente di luce unica a livello mondiale, capace di emettere impulsi di luce molto brevi ed estremamente intensi nell’intervallo dei raggi X", dice Daniele Catone di Cnr-Ism. "Grazie a questo strumento è stato possibile studiare per la prima volta la dinamica del trasferimento di energia tra nanoparticelle e semiconduttori utilizzando una tecnica estremamente sensibile alla chimica e con una risoluzione temporale elevatissima".

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nano Letters con il titolo "Ultrafast Dynamics of Plasmon-Mediated Charge Transfer in Ag@CeO2 Studied by Free Electron Laser Time-Resolved X-ray Absorption Spectroscopy". Per l’Università di Bologna hanno partecipato Federico Boscherini e Jagadesh Kopula Kesavan del Dipartimento di Fisica e Astronomia "Augusto Righi".