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Si può misurare lo smart working? I risultati del progetto “Smart & Value”

In soli sei mesi di smart working parziale, oltre 300 dipendenti di 11 aziende hanno evitato spostamenti per oltre 700mila km, pari a più di 17 giri dell’equatore, ed emissioni di CO2 pari a quelle assorbite in un anno da una foresta di 32 ettari. E non solo.

Sono stati presentati, ieri, alla Bologna Business School, i risultati del progetto “Smart & Value” a cui ha collaborato anche l'Università di Bologna, nato dalla partnership tra Stantec e Dilium con il Sustainability & Circular Economy Lab e in collaborazione con Manageritalia Emilia-Romagna.

L'evento di presentazione, “La digitalizzazione e la sostenibilità ESG dei modelli di smart working”, è stato aperto dalla prof.ssa Rebecca Levy Orelli, docente del Dipartimento Scienze Aziendali Unibo, responsabile scientifico Sustainability & Circular Economy Lab e delegata per il Bilancio e la programmazione dell'Alma Mater. Il progetto ha rilevato che, in soli sei mesi di smart working parziale (2/3 giorni a settimana), oltre 300 dipendenti di 11 aziende hanno evitato spostamenti per oltre 700mila km, pari a più di 17 giri dell’equatore, ed emissioni di CO2 pari a quelle assorbite in un anno da una foresta di 32 ettari. Ma non solo: hanno risparmiato costi, tempo (-14.000 ore di spostamento casa-lavoro) e guadagnato in benessere e qualità della vita. Tanti anche i benefici per le aziende, che hanno così dipendenti più sereni, collaborativi e produttivi. L’enzima alla base del successo è la gestione manageriale a supporto di una profonda trasformazione organizzativa e digitale.

Così ha affermato la prof.ssa Levy Orelli, «Smart&Value ha dimostrato che lo smart working si può misurare: grazie a Stantec e alle aziende partecipanti abbiamo aperto una finestra su un mondo intuibile, ma di fatto sconosciuto. E misurare ci permette di conoscere e di prendere decisioni per il futuro delle aziende e della collettività».

L’iniziativa ha coinvolto 11 aziende del territorio bolognese e di altre parti d’Italia (AlmaLaureaSrl, Autogrill, COPMA, CRIF, Daiichi Sankyo, Enav, Eni, Epta, PittaRosso, Sisal e Würth Italia) per un totale di oltre 300 dipendenti, che per sei mesi si sono impegnate a misurare il proprio modello di smart working in termini di impatto di Co2 nell'atmosfera, km percorsi, tempi di viaggio, costi per i dipendenti e per l'azienda e produttività. Emergono così chiaramente i molti benefici del lavoro agile, che impatta non solo sui singoli lavoratori e sulle aziende, ma sull’intera collettività.

Benefici in termini di costi, tempo e, naturalmente, qualità della vita: lavorando in smart working, i dipendenti hanno risparmiato i costi di carburante, pedaggi, parcheggi, di alcune spese per la gestione familiare (baby-sitter) e quasi 14.000 ore di spostamenti casa-lavoro (6,7 anni). Tempo e soldi dedicati invece alla famiglia, al benessere, allo sport e anche alla formazione. I lavoratori si sono detti soddisfatti anche del proprio lavoro: il 37% degli intervistati si è detto meno stressato, il 25% più concentrato e il 7% più creativo; solo il 4% preferisce lavorare sempre in ufficio. Non mancano, i benefici per le imprese: i reparti hr delle aziende hanno rilevato un miglioramento della produttività, del lavoro per obiettivi, e delle competenze digitali delle persone. Anche la digitalizzazione delle procedure e dei modelli organizzativi è migliorata, insieme all’uso degli spazi e alla gestione dei costi.

Dopo gli interventi in programma e una tavola rotonda dal titolo "Il futuro dello smart working sostenibile nelle imprese", sono seguite le conclusioni del Rettore Giovanni Molari e di Mario Mantovani (Presidente Nazionale Manageritalia). Il Rettore ha posto l’accento sull’importanza della collaborazione tra accademie, imprese e giovani: «tenere insieme i mondi è fondamentale perché tutti possano continuare a crescere».