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Rischi chimici, biologici e radio-nucleari: l’Italia deve fare di più

I risultati del progetto di ricerca CBRN-Italy, per la prevenzione e la risposta di fronte a rischi chimici, biologici e radio-nucleari, suggeriscono che “obblighi e raccomandazioni internazionali non siano più tralasciati dai decisori politici” e che “le principali criticità evidenziate siano affrontate in via prioritaria”


Ci sono significative criticità nella preparazione dell’Italia di fronte a rischi chimici, biologici e radio-nucleari (CBRN). A evidenziarlo è il rapporto finale del progetto di ricerca CBRN-Italy, che prende in esame diversi scenari, inclusi il rischio di terrorismo, il verificarsi di incidenti industriali o di eventi naturali e l’utilizzo di armi chimiche, biologiche o radio-nucleari.

Finanziato dal bando PRIN 2017 (Progetti di rilevante interesse nazionale) del Ministero dell'Università e della Ricerca, il progetto è stato coordinato a livello nazionale dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e ha visto il coinvolgimento di ricercatrici e ricercatori dei dipartimenti di Scienze Giuridiche e di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Bologna, oltre che delle università di Firenze e Torino.

I ricercatori sottolineano che la mancata adozione di misure specifiche può avere conseguenze catastrofiche sulla salute delle persone e sull’economia, suggerendo che “obblighi e raccomandazioni internazionali non siano più tralasciati dai decisori politici” e che “le principali criticità evidenziate siano affrontate in via prioritaria”.

"I ripetuti bombardamenti nelle immediate vicinanze della centrale nucleare di Zaporizhzhia sollevano in maniera drammatica il pericolo reale di una esplosione nucleare, le cui conseguenze si propagherebbero ben oltre i confini ucraini; e non vanno dimenticate le lacune evidenti emerse con il diffondersi della pandemia di COVID-19", commenta Federico Casolari, professore al Dipartimento di Scienze Giuridiche e coordinatore dell’Unità di ricerca dell’Università di Bologna. "Prevenire una crisi sanitaria globale, prepararsi ad affrontare le conseguenze catastrofiche di un’esplosione nucleare, avere un piano per il post-emergenza e il ritorno alla normalità: il diritto internazionale ed il diritto dell’Unione europea stabiliscono che per ognuna di queste situazioni è necessario adottare misure specifiche".

Per valutare lo stato di preparazione dell’Italia nel rispondere a questo tipo di rischi, gli studiosi hanno innanzitutto realizzato una mappatura di obblighi e raccomandazioni internazionali relativi alla protezione da eventi chimici, biologici e radio-nucleari e, in un secondo momento, hanno analizzato in quale misura l’Italia stia dando attuazione a queste indicazioni.

La prevenzione e la pianificazione delle emergenze dovrebbero essere infatti sostenute da una strategia olistica e multi-rischio per la riduzione del rischio di disastri che avrebbe dovuto essere adottata entro il 2020. Questa strategia dovrebbe essere sostenuta da una Piattaforma nazionale per la riduzione del rischio, che oggi non appare però operativa, e dovrebbe prevedere un coordinamento con altri strumenti, come la Strategia di adattamento al cambiamento climatico, o la Strategia nazionale per la cybersicurezza, o la Strategia per la protezione delle entità critiche.

Importanti novità in tema di prevenzione e pianificazione sono state introdotte nel 2018 con il nuovo Codice della Protezione Civile. Ma restano diverse lacune. Tra queste i ricercatori sottolineano uno scarso coinvolgimento del pubblico nella valutazione del rischio e delle vulnerabilità locali, e una scarsa attenzione alle necessità dei gruppi più vulnerabili che, in genere, sono colpiti in maniera significativa durante una situazione di emergenza: bambini, anziani, persone con disabilità, migranti.

Il rapporto finale del progetto segnala anche la necessità di aggiornare e di dare maggiore visibilità al Piano di difesa contro il terrorismo CBRN e di rivedere la normativa interna sulla prevenzione delle gravi minacce sanitarie a carattere transfrontaliero, per aggiornare la normativa di adattamento ai regolamenti sanitari internazionali e alla nuova legislazione europea.

"L’emergenza COVID-19 ha messo a dura prova la tenuta di un impianto normativo troppo precario e datato", dice ancora Casolari. "La nuova normativa dovrebbe integrare le lezioni apprese durante le fasi più acute della pandemia, che dovrebbero essere oggetto di analisi post-emergenza, eventualmente anche tramite l’utilizzo di strumenti messi a disposizione dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, e dovrebbe prevedere adeguate risorse per il rafforzamento del sistema sanitario nazionale".

Infine, gli studiosi hanno rilevato divari significativi con le raccomandazioni internazionali anche sul versante dell’assistenza alle vittime, soprattutto socio-psicologica, e del reintegro ambientale. In questo senso, il suggerimento va nella direzione dell'adozione di un codice delle ricostruzioni – o più in generale un codice della ripresa – che potrebbe rivelarsi utile per coprire alcune lacune importanti della fase post-emergenza, che resta la più trascurata di tutto il ciclo di gestione.

La redazione del rapporto finale del progetto CBRN-Italy è stata preceduta da una intensa attività scientifica, culminata nella pubblicazione del volume "International Law and Chemical, Biological, Radio-Nuclear (CBRN) Events – Towards an All-Hazards Approach", edito da BRILL e disponibile in modalità Open Access.