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Uguaglianza nell'esercizio delle professioni legali?

Il tema del convegno svolto a Palazzo Malvezzi, per riflettere sulle professioni legali in materia di impresa declinate al femminile

Si è svolto, lo scorso 5 luglio, a Palazzo Malvezzi, il convegno organizzato dal Dipartimento di Scienze Giuridiche dell'Alma Mater dal titolo “Le professioni legali in materia di impresa declinate al femminile. Uguaglianza formale e sostanziale nelle professioni forensi”, grazie alla collaborazione attivata tra la Delegata alla Terza Missione dell’area sociale Prof.ssa Stefania Pellegrini e il Comitato Pari Opportunità dell'Ordine degli Avvocati di Bologna, presieduto dall'Avvocata Tiziana Zambelli e con il patrocinio della Fondazione Forense bolognese e dell’Ordine degli Avvocati di Bologna, presieduto dall’Avv. Elisabetta Italia D’Errico.

L'obiettivo del convegno è stato affrontare in chiave sinergica il tema dell'uguaglianza sostanziale nell'esercizio delle professioni legali in campo economico, anche per dare risposta ai rilievi statistici che dimostrano come, a fronte di un crescente e maggioritario numero di iscritte donne agli Albi forensi, non si registri la stessa proporzionalità nell'assegnazione degli incarichi di derivazione tribunalizia (curatele fallimentari, amministrazioni giudiziarie, gestori della crisi). Parimenti la rappresentatività delle avvocate nei consigli di amministrazione non vede presenze comparabili a quelle maschili.

I saluti istituzionali sono stati ricchi di spunti di riflessione. Il dott. Alberto Ziroldi, Presidente vicario del Tribunale di Bologna, ha rilevato come il gender gap nell’esercizio delle professioni forensi possa assumere una duplice natura: reddituale e di opportunità professionali. Nell’augurare una buona esecuzione dei lavori, ha assicurato che il Tribunale di Bologna presterà attenzione al tema, promuovendo ogni iniziativa utile ad evitare che possano in qualche modo alimentarsi forme di discriminazione anche involontarie. L'Avv.ssa Elisabetta Italia D'Errico, Presidentessa dell’Ordine Forense, ha evidenziato come in base alle rilevazioni Censis la distanza fra il reddito medio di una donna avvocato e quella di un collega uomo sia tale che occorra sommare il reddito di due donne per sfiorare (e non raggiungere) il livello medio percepito da un uomo: 23.576 euro contro i quasi 51.000. Trattasi di differenze quantitative che derivano anche dalla qualità degli incarichi ricoperti, affidati e conferiti. L’Avv.ssa Tiziana Zambelli ha esplicitato come all’evoluzione culturale necessaria affinchè vengano colmate dalla società le ingiustificate divaricazioni fra generi, debba essere affiancata un’attenzione ai blocchi di accesso o di esercizio della professione forense, in modo da sostenere l’emersione delle professionalità. Le Presidentesse, dunque, hanno introdotto la necessità di un monitoraggio degli incarichi conferiti dal Tribunale, in modo da scongiurare eventuali gap di genere.

La relazione di apertura dei lavori curata dalla prof.ssa Stefania Pellegrini ha portato sul tavolo del confronto una serie di spunti di analisi del fenomeno, attinti dalle scienze sociologico giuridiche, evidenziando in chiave provocatoria una gamma culturale di pregiudizi che si annidano nella valutazione delle devianze così come nella valutazione delle professionalità. La procuratrice aggiunta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna, dott.ssa Plazzi ha posto in luce la scarsa rappresentatività delle donne magistrato negli organi elettivi. Infatti, il 95% dei magistrati eletti al CSM è di sesso maschile, nonostante che il numero delle donne magistrato sia superiore all’ingresso in magistratura, ma anche in assoluto. Plaudendo all’idea di predisposizione di un protocollo, ha auspicato il coinvolgimento della magistratura nei lavori preparatori.

Le dottoresse Antonella Rimondini e Alessandra Mirabelli, Magistrate della Sezione fallimentare del Tribunale di Bologna hanno condiviso i dati di monitoraggio degli incarichi conferiti dalla sezione nell’ultimo quinquennio, unitamente ad una testimonianza professionale circa la propria esperienza nel settore della gestione della crisi. Dall’analisi dei dati sul conferimento degli incarichi ai professionisti in questo settore è emerso come vi sia una quasi parità di genere nelle nomine dei curatori (954 incarichi: 47% donne e 53% uomini), relative però esclusivamente ai dottori commercialisti. Per contro, dall’esame delle nomine relative ai concordati preventivi normalmente più complessi e remunerativi, è emerso che nel 2019 agli uomini sia stato dato il doppio degli incarichi rispetto alle donne. Infine, dal monitoraggio degli incarichi conferiti dai curatori e dai commissari agli avvocati per svolgere attività di difesa è emersa una netta prevalenza maschile: 25% donne; 75% uomini. Entrambe hanno evidenziato l’importanza di monitorare non solo la quantità, ma anche la qualità degli incarichi.

L’Avv.ssa Lucia Fantozzi del Foro di Roma ha portato la sua esperienza di curatrice, evidenziando che presso il Tribunale capitolino è operante dal 2017 un protocollo che garantisce la rotazione, la specializzazione e la trasparenza degli incarichi. Negli ultimi 2 anni si sono registrate le seguenti dinamiche: 60% di incarichi affidati agli avvocati; 40% di incarichi affidati ai commercialisti. Nella percentuale degli avvocati: 40% donne e 60% uomini.  L’Avv.ssa Di Buccio, anche coordinatore alla didattica del Master Unibo in “Gestione e riutilizzo di beni sequestrati e confiscati. Pio La Torre” ha rappresentato le criticità afferenti al ruolo di amministratore giudiziario e di legale delle procedure afferenti a procedimenti penali e di prevenzione, evidenziando come la rete fra professionisti, con integrazione di competenze legali ed aziendalistiche, sia la chiave di volta nella gestione di incarichi tribunalizi che si caratterizzano per complessità ambientale e specialità della materia. L’Avv. Stefano Mantegazza, da anni legale di amministrazioni giudiziarie e coadiutore nella gestione aziendale fra la Lombardia e l’Emilia-Romagna, ha offerto un'analisi degli incarichi di amministrazione giudiziaria conferiti ad avvocati, in virtù delle particolari esigenze di gestione che richiedono valutazioni di tipo giuridico. L’Avv.ssa Astrid Merlini, nel disquisire sulla sua esperienza ventennale in materia concorsuale e del suo primo incarico come amministratrice giudiziaria, ha riportato due dati, forniti dal CPO dell’Ordine degli Avvocati di Bologna: gli avvocati iscritti presso il Tribunale di Bologna nell'elenco degli avvocati disponibili ad essere nominati curatori fallimentari sono 61 in totale, di cui 23 uomini e 38 donne; gli avvocati esperti nella composizione negoziata della crisi, iscritti nell’elenco presso la Camera di Commercio di Bologna sono 17 in totale, di cui 11 uomini e 6 donne. Il fatto che vi siano molte più donne disponibili a fare le curatrici rispetto a quelle iscritte nell’elenco degli esperti negoziatori dimostra un elemento peculiare di sbarramento. Invero, per ottenere la qualifica di avvocato esperto nella composizione negoziata della crisi è necessario dimostrare una pregressa esperienza nella crisi di impresa, mentre per iscriversi nell’elenco curatori fallimentari è sufficiente aver frequentato il corso. La mancanza di incarichi pregressi impedisce, quindi, alle avvocatesse di potersi iscrivere nell’elenco degli esperti nella composizione negoziata della crisi.

Dall’analisi “dal generale al particolare” è emerso un classico esempio di disuguaglianza sostanziale, rilevato anche dall’Avv.ssa Stefania Di Buccio per quanto concerne l’iscrizione alla sezione speciale dell’Albo degli amministratori giudiziari, per cui viene richiesta la dimostrazione di aver ricevuto incarichi pregressi nella gestione aziendale. Se tali incarichi non vengono conferiti alle professioniste donne, si determina un blocco di fatto all’accesso all’albo specializzante, con inibizione totale dell’attività.

La Prof.ssa Pellegrini, a margine dell’attenta e sempre ficcante mediazione degli interventi, ha fornito una sintesi finale delle relazioni, dalle quali è emersa la necessità di programmare i lavori per uno strumento di soft-law, di natura protocollare, finalizzato alla disamina degli incarichi di natura tribunalizia in chiave statistica, in modo da consentire un monitoraggio che evidenzi come la selezione dei professionisti dell’area legale in campo economico sia ispirata alle logiche di trasparenza nella valutazione dell’unico criterio ammissibile: quella della competenza.