Nell’ammasso stellare Terzan5, situato nella regione centrale della nostra galassia a 19mila anni luce da noi, oltre a stelle antiche di ben 12 miliardi di anni, c’è anche una popolazione di astri più giovani, con un’età stimata di 4,5 miliardi di anni, paragonabile a quella del nostro Sole. La scoperta della presenza di due tipologie distinte di stelle, diverse non solo nella loro composizione chimica, ma anche nell'età, con una differenza di ben 7 miliardi di anni, è stata ottenuta da un team di astronomi guidato da scienziati dell’Università di Bologna e dell’INAF utilizzando il Telescopio Spaziale Hubble e dati raccolti con due tra i più potenti telescopi da terra: il Very Large Telescope (VLT) dell’European Southern Observatory (ESO) e il telescopio Keck sulle isole Hawaii.
“Nel 2009 scoprimmo che Terzan5 conteneva due sotto-popolazioni di stelle con abbondanze chimiche differenti. Dopo sette anni di ricerca siamo stati finalmente in grado di datare queste popolazioni”, spiega Francesco Ferraro docente al Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna, autore principale dello studio, appena pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal.
Le età delle due popolazioni indicano che il processo di formazione stellare in Terzan5 non è stato continuo, ma caratterizzato da due distinti episodi principali. Le osservazioni confermano che, come previsto dalla teoria dell’evoluzione stellare, la componente più giovane si è formata da gas arricchito di elementi più pesanti di idrogeno ed elio grazie alle esplosioni delle supernove appartenenti alla prima popolazione stellare. “Questo richiede che il progenitore di Terzan 5 fosse in grado di trattenere una grande quantità di gas, in modo da poter formare la seconda generazione di stelle: doveva essere molto massiccio, con una massa almeno 100 milioni di volte più grande di quella del Sole”, spiega Davide Massari, dell’Osservatorio Astronomico INAF di Bologna e dell’Università di Groningen in Olanda, co-autore dello studio.
Queste insolite proprietà fanno di Terzan5 il candidato ideale per essere considerato un “fossile” risalente alle primissime fasi della storia della Via Lattea: gli attuali modelli di formazione dei nuclei delle galassie ipotizzano che questi sistemi si siano formati dalla fusione di grandi agglomerati di gas e stelle, che dopo essersi mescolati, si sono dissolti.
Terzan5 sarebbe quindi uno dei primi “mattoni” costituenti il nucleo della Via Lattea. Un’ipotesi questa rafforzata dal valore della massa che Terzan5 deve avere avuto originariamente per riuscire a generare due popolazioni stellari, simile a quella degli enormi agglomerati che si pensa abbiano contribuito a formare i nuclei delle galassie circa 12 miliardi di anni fa. “Alcune caratteristiche di Terzan5 – spiega ancora Ferraro – assomigliano molto a quelle degli enormi agglomerati che si osservano in galassie con formazione stellare in corso a grande distanza, suggerendo così che i processi di formazione delle galassie siano stati simili nell’Universo locale e in quello distante, all’epoca della formazione della Via Lattea”.
Questa scoperta apre quindi la strada per una migliore e più profonda comprensione dei meccanismi di formazione delle galassie, offrendoci una nuova visione della complessa storia della Via Lattea. ”Terzan5 potrebbe rappresentare un intrigante legame tra l’Universo locale e quello distante – continua Ferraro – ed essere un testimone sopravvissuto del processo di formazione del nucleo galattico”.
“Solo un altro sistema stellare, simile ad un ammasso globulare ma con una storia di formazione stellare così complessa, è stata osservato finora nell’alone della Via Lattea: omega Centauri. Questa è la prima volta che osserviamo qualcosa di comparabile nel nucleo della galassia”, sottolinea Emanuele Dalessandro, ricercatore INAF presso l’Osservatorio Astronomico di Bologna.
Ma la caccia ad altri sistemi simili è tutt’altro che conclusa: “Stiamo portando avanti una ricerca sistematica con l'obiettivo di individuare nuovi sistemi stellari complessi simili a Terzan5, che probabilmente si trovano nascosti nel nucleo della galassia”, spiega la docente dell’Università di Bologna Barbara Lanzoni. “La loro scoperta - continua il ricercatore Unibo Alessio Maccarelli - potrebbe darci la prova decisiva per dimostrare che il meccanismo di fusione e distruzione di agglomerati massicci sia stato un processo importante per la formazione del nucleo galattico”.
La scoperta, pubblicata nell’articolo intitolato “The age of the young bulge-like population in the stellar system Terzan 5: linking the Galactic bulge to the high-z Universe” sulla rivista The Astrophysical Journal, è l’ultimo risultato ottenuto nell’ambito del progetto Cosmic-Lab, un Advanced Grant di cinque anni finanziato con 1,8 milioni di euro dall’European Research Council, e destinato a studiare i complessi fenomeni dinamici che avvengono nelle regioni dense degli ammassi stellari.
Il team che ha realizzato lo studio è composto da: Francesco Rosario Ferraro (Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna e associato INAF), Davide Massari (INAF - Osservatorio Astronomico di Bologna e Kapteyn Astronomical Institute, University of Groningen, Paesi Bassi), Emanuele Dalessandro (Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna e INAF - Osservatorio Astronomico di Bologna), Barbara Lanzoni (Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna e associata INAF), Livia Origlia (INAF - Osservatorio Astronomico di Bologna), R. M. Rich (Department of Physics and Astronomy, University of California, Los Angeles, USA) e Alessio Mucciarelli (Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna).