"A diciassette anni volevo fare il Dams, poi ho deciso di fare direttamente il professore". Cappellino, jeans, felpa con gli occhi di Buddha e chitarra acustica a tracolla, Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, sale sul palco dell’Aula Magna dell’Università scherzando con le sorprese del destino. Proprio lui, un non dottore fuggito dal Dams per seguire la musica, è lì nel tempio delle lezioni dottorali a spiegare cos’è la musica. "La musica – dice allora, immedesimandosi perfettamente nel ruolo di professore - fa l’effetto lego. Quando sei un ragazzino e non ci capisci nulla, lei ti si attacca addosso, bam, e ti dice chi sei".
Jovanotti, venerdì scorso, è stato il primo protagonista di Storytellers, la serie di concerti-incontro che Mtv e Progetto Italia in collaborazione con UniboCultura hanno pensato per invitare i musicisti a parlare ai fan della genesi delle loro canzoni. "Siamo qui nell’Università più antica del mondo – ha spiegato la presentatrice Paola Maugeri – per dare dignità letteraria alla forma canzone, perché pensiamo che una canzone dei Beatles non abbia nulla da invidiare a un quadro di Picasso". Il suo auspico è raccolto dal giovane attore Riccardo Scamarcio che prende il microfono e legge alcuni testi di Jovanotti come il vecchio Vittorio Gassman leggeva Dante. Tutto secondo canovaccio fino a quando proprio Lorenzo, il protagonista, rompe il rituale e, si lancia in "un inizio in contropelo". "La musica – afferma – è prima di tutto suono. Il testo non conta purché ti si attacchi dentro".
Spazio ai suoni dunque. Affiancato da basso e chitarra Jovanotti mischia le note della sua ventennale carriera musicale rielaborando in versione acustica, gli esordi rap di Gimme Five, le serenate romantiche di Io re magio e tu stella cometa e l’impegno politico di Salvami. Quest’ultima è la canzone dove l’artista attacca Oriana Fallaci. L’attacca personalmente in risposta a lei che aveva invece attaccato un gruppo intero, gli islamici: "E i gruppi non si devono mai stigmatizzare", protesta l’artista parlando di politica. Lo fa spesso ed è in nutrita compagnia a farlo tra i cantanti. "Perché?", gli chiede Paola Maugeri. "Semplice", le risponde lui: "Perché nessun altro lo fa. Oggi purtroppo la politica non esprime quasi mai nulla".
In platea c’è anche Folco Terzani, il figlio di Tiziano. Scatta il saluto e si apre il momento letterario. Da uno zaino militare anni Settanta Lorenzo estrae e legge per il pubblico i brani per lui più significativi degli autori che lo hanno accompagnato nella sua crescita artistica e personale: Conrad, Shakespeare, Kapuscinsky, Yeats, Borges e Calvino. Di quest’ultimo legge un brano de Le città invisibili, quando Marco Polo racconta al Kublai Kan le bellezze di un impero lui che non può conoscere: "Marco Polo – dice - è una metafora dell’artista".
Jovanotti racconta di leggere molto e di riflettere su ciò che legge, ma non quando compone: "Tutto ciò che vale in una canzone non ha nulla a che fare con il razionale". Ne è sicuro al punto che quando canta si fa beffe pure della grammatica: "Sono un ragazzo fortunato perché m’hanno regalato un sogno/ sono fortunato, perché non c’è niente che ho bisogno".
"Certo che è sbagliato – conclude Lorenzo – ma se avessi messo ‘di cui’ sarei sembrato Piero Angela...".