Uno ha un attaccamento quasi feticista alla macchina per il caffè. Uno è schiavo del proprio telefono. E l’altro non potrebbe mai fare a meno dei propri calzini. Il primo, premio nobel nel 1979, è Sheldon Glashow, fisico teorico della Boston University. Il secondo è Barry Barish, fisico sperimentale del Caltech. E il terzo è Alvaro De Rujula, fisico teorico del Cern.
Tutti e tre martedì mattina erano nella Sala Poeti di Scienze Politiche per il primo appuntamento di Cronobie 2006. Obiettivo: tentare di spiegare ai ragazzi delle superiori l’utilità della scienza. Per l’occasione nessun formalismo. I due americani – Glashow e Barish – avevano abbandonato le toghe indossate il giorno prima per ricevere la laurea ad honorem in fisica dall’Alma Mater. E il terzo – lo spagnolo De Rujula – aveva abbandonato anche i fedelissimi calzini: mocassino e piede scalzo.
Punto di partenza per tutti è la spiegazione della fisica. "La fisica – parte Glashow - studia le forze che governano la materia. Non la forza di un animale o dell’amore, ma le quattro forze fondamentali: gravità, elettromagnetismo, forza nucleare forte e interazione debole". C’è chi studia queste forze raccogliendo dati e chi elaborando teorie per interpretarli. "I fisici teorici – spiega ironicamente De Rujula – sono quelli che provano a spiegare i dati, generalmente senza riuscirci". "I fisici sperimentali – prosegue invece Barish – pianificano esperimenti: sulla base di dati ed esperienze precedenti, certo, ma soprattutto per supposizioni".
Nel progresso della disciplina caso e premeditazione si danno costantemente il cambio. "La penicillina – racconta per esempio Glashow – è stata scoperta per caso; gli antibiotici più specifici invece sono stati studiati in maniera pianificata". Nel suo discorso la parola più ricorrente è "serendipity": termine inglese chiamato in causa per descrivere una ricerca senza uno scopo preciso ma nel contempo totalizzante nella portata. Quela ricerca, isomma, che non cerca nulla in particolare, ma dà molto al sapere in generale. Glashow fa un interminabile elenco della storia d’amore tra scienza e serendipity. Uno dei casi riguarda anche lo zucchero che noi ogni giorno mettiamo nel caffè: un chimico lo sintetizzò lavorando alla produzione di un insetticida.
Ma allora a cosa serve questa benedetta scienza così imbevuta dal caso? "Esattamente – spiega De Rujula – non lo sa nessuno. Di certo si può dire che la ricerca di base è quella che non si può brevettare. Solo un pazzo avrebbe pensato di guadagnare qualcosa dagli studi di Mendel sui piselli". Il senso comune vede di malocchio questa scienza un po’ naif. La parabola evocata da De Rujula è nota. Un viaggiatore in mongolfiera si perde e chiede a un passante che vede a terra dove si trova. Trascorre un lungo silenzio e poi il passante risponde: "4,75 m. sopra la mia testa". Il viaggiatore è disgustato: "Sei sicuramente uno scienziato", dice. "Perché?", replica l’altro. "Perché la tua risposta è stata lenta, precisa e inutile".
Dati alla mano De Rujula prova a smontare questo luogo comune. Da Newton a Einstein – dimostra lucido dopo lucido - il tempo trascorso tra l’innovazione teorica e il trasferimento tecnologico si è drasticamente ridotto. "Però – precisa subito il fisico spagnolo – non sono un politico e non posso fare promesse. Il nostro caro amico Glashow, per esempio, ha elaborato la teoria delle forza elettrodebole circa quarant’anni fa. La teoria resta valida, ma non c’è ancora uno straccio di applicazione tecnologica a lei legata...".
Il premio Nobel ride, mentre lo spagnolo prosegue, citando un sicuro contributo della scienza. Quello per la pace. "Allo stesso progetto cooperano Iraniani e Statunitensi, entrambi sfuggendo a stati che faticano a uscire da loro medioevo religioso".
Dopo l’incontro con la fisica, Cronobie torna in scena giovedì 12 ottobre nell’Aula Magna della Biblioteca Universitaria (via Zamboni 35) con "Buio in sala". Il chimico Vincenzo Balzani e il Dirigente del Servizio valutazione e impatto sostenibilità ambientale della Provincia di Bologna Gabriele Bollini, coordinati dalla giornalista Elisabetta Tola, rifletteranno sul futuro energetico del mondo, chiedendosi se è meglio risparmiare o produrre di più.