Il professor Piton lo utilizza per guarire le ferite. Sì, perché il "dittamo è la pianta da cui si estrae la miracolosa essenza che cicatrizza rapidamente tagli e abrasioni. Ed è anche un ingrediente della Pozione rigeneratrice". La fonte di tutto ciò è niente meno che l’Enciclopedia di Harry Potter, come gli appassionati ben sapranno. E se i giovani di oggi ne avranno fresca memoria, i meno giovani ricorderanno forse il famoso dittamo per averlo almeno immaginato sulla finestra della Zia Bettina leggendo le pagine del Giornalino di Gian Burrasca.
Al di là dei favolosi mondi della letteratura, il dittamo esiste nella realtà. E’ una specie rara e protetta localmente, coltivata anche per uso ornamentale (produce dei bellissimi fiori bianchi e rosa). Il suo nome scientifico è Dictamnus albus (Famiglia delle Rutaceae) e viene anche chiamato frassinella, a causa della somiglianza delle sue foglie composte con quelle del frassino, o limonella, a causa dell'odore simile a quello del limone che emana se sfregato.
Un progetto finanziato dalla Comunità Europea sulla biodiversità e la salvaguardia ambientale (LIFE09/NAT/IT000212) cerca di indagare le cause della sua progressiva scomparsa. "Sono due i fattori principali che mettono a rischio il dittamo", spiegano Marta Galloni (Unibo) e Laura Bortolotti (CRA-API). "Il cambio di destinazione d’uso del suolo e una perdita del mosaico paesaggistico che portano ad una chiusura del bosco, e la carenza di visite da parte di insetti impollinatori come le api solitarie e i bombi". Proprio su questi due aspetti agisce il progetto pilota di conservazione integrata che da un lato lavora sull’habitat e dall’altro incrementa la fauna impollinatrice.
Il progetto, di cui Unibo è capofila, è partito a gennaio e durerà quattro anni. "Già dal secondo anno – spiegano le ricercatrici – ci aspettiamo di vedere impollinatori più numerosi, ed una maggiore fioritura di dittamo, pianta per altro molto longeva che può vivere fino a 30 anni". Il progetto si svolge in un Sito di Importanza Comunitario (SIC-ZPS 4050001) all’interno del Parco Regionale dei Gessi Bolognesi e dei Calanchi dell’Abbadessa, ma anche la Fondazione Villa Ghigi fa parte dei partner ed il Parco di Villa Ghigi oggi ospita una stazione artificiale con quindici piante che servono a far conoscere il progetto e le sue ricadute. Tra queste vi è anche il contributo nella messa a punto del piano di gestione dell’area protetta SIC-ZPS 4050001 della "Rete Natura2000", il sistema europeo dei siti per la conservazione della biodiversità.
Al progetto PP-ICON partecipano tre istituzioni: l'Università di Bologna in qualità di Coordinatore (Dipartimento di Biologia Evoluzionistica Sperimentale, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali, Orto Botanico - Sistema Museale d'Ateneo), il Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura (CRA, Unità di Apicoltura e Bachicoltura) e la Fondazione Villa Ghigi.