Ricordando Tolkien: un incontro con Antonio Faeti
Il noto studioso di letteratura per l'infanzia sarà protagonista di una lezione sul contesto storico-culturale che ha dato vita ai libri più famosi del celebre scrittore inglese scomparso quarant'anni fa. L'immaginario collettivo come chiave per interpretare tanto il fantasy quanto la letteratura per ragazzi, alla viglia della nascita a Bologna del Centro di Ricerca in Letteratura per l'infanzia
Se ne andava quarant'anni fa J.R.R. Tolkien, il grande scrittore inglese autore di alcuni dei più noti capolavori della letteratura fantasy, come "Il Signore degli Anelli" e "Lo Hobbit". Il Dipartimento di Scienze dell'Educazione lo ricorda con un incontro in programma lunedì prossimo, 18 febbraio, intitolato "Il lungo viaggio per Pianilungone. J.R.R. Tolkien quarant'anni dopo". Protagonista della conferenza, che si terrà a partire dalle 10 nell'Aula Magna "Piero Bartolini" (via Filippo Re, 6 - Bologna), sarà Antonio Faeti, a lungo docente all'Università di Bologna e primo Ordinario della cattedra di Letteratura per l'infanzia in Italia.
"Tra i tantissimi di cui è possibile trattare, ho scelto l'aspetto che, a mio avviso, ha una sua importanza perdurante al di là dell'attuale fenomeno Tolkien," racconta Faeti. "Grazie a un indiscutibile genio, Tolkien ha creato quelle cattredali dell'immaginario che ancora oggi contraddistinguono la sua produzione con un'assoluta originalità. Tuttavia, Tolkien deve essere a tutto diritto inserito in quella diffusissima corrente nostalgica che si prodiga nel recupero di un ipotetico Medioevo lontano; penso ai Nazareni in Germania o ai Preraffaelliti in Inghilterra. È in quest'ottica che a me preme appoggiare il caso Tolkien, e questo è il mio metodo di lavoro da cinquant'anni: non tendo a isolare i fenomeni, ma a congiungerli in un reticolo di emozioni, ricerca, eventi e aspettative, ed è questo reticolo che mi interessa decifrare e studiare".
Lungo tutta la storia umana ci sono stati dei momenti, in genere di crisi culturale ed economica, in cui la nostalgia di un passato più o meno remoto si faceva pressante, ma Faeti mette in guardia dal rischio di semplificazione e idealizzazione in cui è facile ricadere. "Il problema nasce quando questo passato non viene elaborato storicamente e con critica filologica, ma è reso sogno e fantasia, un semplice mezzo per creare una sorta di patria onirica e ideale in cui rifugiarsi. Bisogna mostrare che i sogni sono belli, ma anche dimostrare come sono costruiti, che caratteristiche hanno e che non sono del tutto privi di derive pericolose; sto pensando a Hitler, ai suoi viaggi a Bayreuth per il suo grande amore per Wagner e Sigfrido." Non un razionale e negativo disincanto quindi, ma una pretesa di consapevolezza: "Lasciando questi sogni senza spiegazione corriamo il pericolo di un equivoco che non deve arrivare per forza ad Auschwitz o Treblinka per essere dannoso, potrebbe comunque portare a una mistificazione del presente".
La rappresentazione dei sogni collettivi e del folklore trova terra fertile sia nel genere fantasy, a cui la produzione di Tolkien viene ricondotta, sia nella letteratura per l'infanzia, due generi che sono accomunati anche dall'etichetta di letteratura minore e di svago. Una componente da cui Faeti si discosta, mettendo anzi in risalto la componente storica della fiaba: "Il compito dei fratelli Grimm era cercare la legittimazione dell'unità germanica partendo dallo studio del diritto e dell'analisi della mentalità collettiva. Trovarono invece il fiabesco, che fino ad allora aveva funzionato, in modo sotterraneo, da elaborazione comunitaria e autonoma di tutti quei sogni collettivi che i Grimm stavano cercando: il folk, appunto".
Questa scoperta non è tuttavia l'atto di nascita della letteratura per l'infanzia, che va fatta invece risalire a una quarantina di anni prima. Continua il professor Faeti: "Contro l'idea francese per cui si debba acculturare indifferentemente gli adulti come i bambini su filosofia, religione o diritto, a metà Settecento Madame Leprince de Beaumont volle invece specificare, nei "Magasins des enfants", cosa tra tutti gli aspetti della cultura potesse davvero parlare ai bambini e come. Si fece così erede di Johan Amos Komensky, che nel suo "Orbis Pictus" aveva creato il primo sillabario illustrato per i bambini." Alla letteratura per l'infanzia come la intendiamo oggi si arriva quindi per gradi lenti: "Ciò viene talmente tanto prima dei Grimm che già loro sentono quella tradizione come distante: quando la letteratura per l'infanzia incontra il fiabesco è già molto robusta, tanto da poterlo modificare essa stessa," spiega Faeti. "Ma è solo con Collodi che si comincia a ridare ai bambini una specificità bambinesca: Pinocchio è un personaggio popolare, bizzarro, è una canaglia che Madame de Beaumont non si sarebbe mai sognata di rappresentare. Tuttavia, questo è un percorso molto complesso e richiede oggi giovani energie e nuove ricerche: c'è molto da scavare."
Energie che presto confluiranno nel nuovo Centro di Ricerca in Letteratura per l'infanzia, che a breve aprirà le porte presso il Dipartimento di Scienze dell'Educazione dell'Alma Mater. Sarà il primo centro in Italia a occuparsi specificatamente di questo genere letterario.