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Il restauro della Croce di Ognissanti spiegato a Ravenna

Marco Ciatti, Soprintendente dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze, ripercorre in una conferenza i lavori da lui diretti per il restauro della monumentale Croce giottesca
Il restauro della monumentale Croce di Ognissanti di Giotto - un delicato intervento che ha ripristinato stabilità e leggibilità a una delle opere più importanti degli albori della storia dell'arte italiana - illustrato e commentato dal direttore dei lavori Marco Ciatti, Soprintendente dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze e tra i maggiori esperti di scienza della conservazione. Accadrà giovedì prossimo, 28 febbraio, a Ravenna, nel corso della conferenza "L'officina di Giotto: il restauro della Croce di Ognissanti". L'appuntamento è nella Sala Conferenze del Diparimento di Beni Culturali a partire dalle 11. L'introduzione sarà affidata alla docente Unibo Donatella Biagi Maino.

Un lavoro complesso e delicato quello del restauro della Croce giottesca, tanto che prima ancora di cominciare si sono dovuti realizzare diversi studi preparatori e sperimentazioni per riuscire a trovare la migliore formulazione specifica per l'intervento: il metodo di pulitura ha dovuto tener conto dell'estrema delicatezza della Croce, costruita per strati sottilissimi di colore, molto rovinati dall'accumulo secolare del fumo delle candele e della sporcizia, e dotata di un supporto formato da legno di pioppo, lino, gesso e colla, materiali sensibili ai solventi acquosi utilizzati dal laboratorio.

L'iconografia della Croce di Ognissanti, realizzata nel 1315 per l'omonima chiesa di Firenze, è considerata come una vera e propria rivoluzione nella raffigurazione del Christus patiens, ovvero il Cristo crocifisso ma ancora in vita. Alla tradizione bizantina, che prevedeva infatti un volto frontale con il sorriso sereno della divinità che sconfigge la morte, Giotto preferì invece sostituire per la prima volta la raffigurazione di un vero uomo, sia nella resa naturale del corpo, che si piega sotto il peso delle membra, sia nella sofferenza del volto, reclinato sul petto in un abbandono doloroso.

Come per la Croce di Santa Maria Novella, che presenta la stessa iconografia, la paternità di Giotto per quest'opera è stata a lungo discussa e si è preferito più volte parlare di un anonimo giottesco o del "Parente di Giotto". Proprio grazie ai restauri eseguiti dall'Opificio delle Pietre Dure, si è giunti invece alla piena approvazione dell'autografia di Giotto per entrambe le opere.

L'applicazione delle indagini scientifiche e di studi accurati e preparatori al restauro ha contraddistinto il laboratorio di restauro sin dalla sua fondazione nel 1932 come Gabinetto Restauri della Soprintendenza fiorentina e rende oggi l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze uno dei migliori istituti internazionali per il restauro.