All’inizio era soltanto un muro, anche se fin da subito alcuni dettagli erano sembrati insoliti. Poi, quel muro si è rivelato essere molto spesso, ben dieci metri. Ma è stato con la successiva scoperta di un ingresso e l’emergere di specifici motivi ornamentali che è diventato chiaro a tutti come quei resti appartenessero a un edificio del tutto particolare.
Giunta al terzo anno di scavi nella zona di Tol-e Ajori, a pochi chilometri dalla Cittadella imperiale di Persepoli, in Iran, la missione archeologica congiunta irano-italiana, portata avanti dall’Università di Bologna, dall’Università di Shiraz e dal Centro Iraniano per le Ricerche Archeologiche con il sostegno del Ministero degli Affari Esteri italiano, ha ormai raccolto abbastanza elementi per poter tracciare le prime conclusioni sul suo lavoro e avanzare ipotesi sui resti venuti alla luce.
"Quelli che stanno emergendo – racconta l’archeologo dell’Alma Mater Pierfrancesco Callieri, che dirige lo scavo assieme al collega iraniano Alireza Askari Chaverdi – sono i resti di un edificio assolutamente unico nella regione. Una possente costruzione a pianta rettangolare, di circa quaranta metri per trenta, alta in origine almeno una ventina di metri, che svettava su tutta l’area circostante. Con ogni probabilità si trattava di un monumento con funzione simbolico-cerimoniale".
Il periodo di riferimento storico è quello successivo alla conquista di Babilonia da parte di Ciro il Grande, avvenuta nel 539 a.C. "Si tratta di un monumento dall’impronta fortemente babilonese - spiega il professor Callieri - costruito integralmente in mattoni crudi e mattoni cotti e con rivestimento esterno in mattoni invetriati e in parte decorati a rilievo. Questi ultimi compongono pannelli raffiguranti animali fantastici, principalmente il toro e il drago-serpente (mushkhusshu), che ripetono con incredibile precisione analoghi pannelli presenti sulla famosa Porta di Ishtar di Babilonia, costruita circa mezzo secolo prima della conquista persiana". Testimonianze di un pantheon di origine mesopotamica ed elamita, che sotto la dinastie successive di Dario e di Serse sarà gradualmente ridimensionato, ma che invece Ciro sembra aver assimilato.
Quella che sta emergendo su una collina a poco più di tre chilometri dalla ben nota Terrazza monumentale di Persepoli, costruita a partire dal 515 a.C. da Dario I, è dunque la più antica testimonianza monumentale nell’area del Fars centrale, e la sua iconografia di origine babilonese suggerisce una funzione rituale legata alla dinastia. "Era un edificio utilizzato per rituali in ambito dinastico", spiega ancora Callieri. "Lo conferma anche un frammento di iscrizione babilonese che abbiamo rinvenuto, sul quale si legge parte della parola ‘re’".
Ma cosa è accaduto a questo edificio straordinario, testimonianza dell’arrivo in Persia di una tradizione di stampo mesopotamico? La successiva costruzione della Terrazza di Persepoli e l’espandersi nell’area di un quartiere residenziale aristocratico sembrerebbe indicare che la torre non sia sopravvissuta a lungo. E anche i dati che emergono dallo scavo puntano verso l’ipotesi di una fine "violenta" per l’edificio. "Abbiamo evidenziato estese spoliazioni dei mattoni, forse relativamente recenti, ma anche elementi che indicano precedenti azioni di distruzione dell’edificio", continua Callieri. Un epilogo repentino, quindi, che storicamente potrebbe essere ricondotto all’azione politica di Serse, sostenitore della tradizione zoroastriana e attivo nella distruzione dei luoghi di culto di quelli che lui chiama "demoni". Per verificare questa ipotesi sarà necessario attendere maggiori dati sulla cronologia della prima distruzione del monumento.
Dopo aver liberato una parte significativa delle mura perimetrali, la missione archeologica congiunta irano-italiana è ora pronta a indagare l’interno della torre. "Nella prossima campagna – preannuncia Callieri – inizieremo a scavare l’ambiente centrale. Vista la funzione cerimoniale dell’edificio è possibile che ci siano testimonianze di installazioni di culto e che si rinvengano altri frammenti dell’iscrizione babilonese auspicabilmente con il nome del re, che potrebbe confermare l’attribuzione a Ciro il Grande". Nuovi elementi che potrebbero aiutare a dare risposta alle tante domande ancora in sospeso sul ruolo, sulle funzioni e sul significato storico di questo edificio dai tratti del tutto unici.