Apre mercoledì 26 giugno a Palazzo Poggi la mostra fotografica di Salvatore Mirabella "Turchia. Un ponte tra Oriente e Occidente". La mostra è formata da 90 fotografie in grande formato, stampate direttamente da Salvatore Mirabella e da diversi pannelli esplicativi di testo.
La Turchia è un paese eterogeneo, complesso: lo confermano i recenti e drammatici avvenimenti di Piazza Taksim a Istanbul. Numerose civiltà vi hanno lasciato tracce indelebili ma anche profonde fratture: Assiri, Ittiti, Urartici, Greci, Romani, Bizantini, Armeni, Turchi Selgiuchidi e Ottomani. Per cogliere tale complessità basta soltanto osservare l'estrema varietà e il numero dei suoi confini: Bulgaria, Grecia, Siria, Iraq, Iran, Armenia, Georgia e Azerbaigian. La metafora di grande ponte tra l’Europa e l’Asia è più che mai appropriata. Lo scrittore turco Orhan Pamuk (premio nobel per la letteratura nel 2006) la interiorizza, ne fa una modalità dell’essere: "Ho capito che il meglio è essere ponte tra due rive. Rivolgersi alle due rive senza appartenere".
L'Università di Bologna, grazie all’idea e al coordinamento del prof. Guido Gambetta, ha pubblicato con BUP Edizioni, alla fine del 2011, il libro "Turkey, a Bridge Between East and West" con il contributo di suoi insigni studiosi e rappresentanti: Ivano Dionigi, Pier Ugo Calzolari, Antonio Carile e Adriana Destro. Inoltre il testo è arricchito da numerosi altri interventi: in particolare sono da segnalare quelli di Romano Prodi e Gianluca Bocchi, uno dei massimi esperti internazionali sulle scienze della complessità e dei nodi problematici connessi all’interculturalità e alla costruzione delle identità etniche e nazionali.
Il libro, per la profondità e l’equilibrio dei suoi testi resta sicuramente attuale: la relativa lettura fotografica è stata affidata al fotografo ed esperto di tecnologie multimediali Salvatore Mirabella, il quale afferma nel suo diario di viaggio: "I luoghi che ho sommariamente descritto e che più mi hanno emozionato rappresentano in ogni caso il primo livello di conoscenza del Paese: il contatto vero alla fine è stato con la sua gente ed è stato l’elemento trainante del mio lavoro fotografico. È l’avere scoperto il ruolo delle donne in Turchia, sempre più importante e attivo per la crescita del paese, l’energia delle nuove generazioni e il tentativo di superare, soprattutto grazie ad un livello d’istruzione e di acculturazione maggiore, antiche ed endemiche contrapposizioni etniche e religiose. Certamente i problemi da risolvere sono ancora tanti e soprattutto all’interno del paese sussistono poteri e comunità refrattarie al cambiamento, al progresso e alla tolleranza. Ma tutto sommato vedo la Turchia ben predisposta verso il futuro: sicuramente con maggior slancio ed entusiasmo di noi europei".
Salvatore Mirabella, attraverso il suo lavoro fotografico, conclude le sue riflessioni sulla Turchia citando uno storico inglese, un illustre bizantinista di Cambridge, Jason Goodwin e il suo libro "I signori degli orizzonti": "Questo libro parla di un popolo che non esiste. La parola ottomano non definisce un luogo. Al giorno d’oggi nessuno parla la loro lingua. E sebbene i sultani siano ricordati soprattutto perché affetti da profondo narcisismo, essi rappresentarono la prima potenza globale: i loro marinai erano greci, i mercanti erano armeni e i soldati venivano dai Balcani. Gli ottomani furono, insomma, coloro che seppero guardare oltre l’orizzonte". Ecco quello che forse ormai manca a noi europei: guardare oltre gli orizzonti. Forse è semplicemente questo il motivo principale per cui la Turchia ancora non è parte integrante della cosiddetta casa comune europea.
L’Università di Bologna, nell’organizzare questo tipo di eventi, evidenzia ulteriormente la sua costante attenzione e sensibilità al locale così come al globale. In particolare, i paesi cosiddetti "emergenti" spesso non rappresentano soltanto il nuovo che avanza ma affondano profondamente le loro radici millenarie nella storia e nel mito: con tutte le contraddizioni e i conflitti interni che ne conseguono. Come sta dimostrando in questi giorni un grande paese, geograficamente a noi più vicino dell’Inghilterra e di molti paesi del nord Europa: la Turchia appunto.