Che differenze ci sono tra un coniglio selvatico e uno domestico? Le nostre conoscenze sui cambiamenti genetici che sono avvenuti e avvengono nel processo di domesticazione degli animali sono ancora scarse, ma un nuovo studio pubblicato sulla rivista Science pone oggi le basi per capirci qualcosa di più. Nato dal lavoro di un team internazionale di ricercatori tra cui Luca Fontanesi, docente al Dipartimento di Scienze e tecnologie agroalimentari dell’Università di Bologna (e Chair della COST Action “A Collaborative European Network on Rabbit Genome Biology – RGB-Net”), lo studio dimostra che i geni che controllano lo sviluppo del cervello e del sistema nervoso sono stati particolarmente importanti nel processo di domesticazione del coniglio.
La domesticazione di animali e piante, iniziata tra 9000 e 15000 anni fa, è stata la rivoluzione biotecnologica più importante della storia umana, prerequisito fondamentale per lo sviluppo dell'agricoltura, e ha coinvolto inizialmente il cane, il bovino, la pecora, la capra e il suino.
Il coniglio, invece, fu domesticato molto tempo dopo, circa 1400 anni fa in monasteri nel sud della Francia. A quel tempo, il corrispettivo selvatico (il coniglio Europeo, Oryctolagus cuniculus) era presente solo nella penisola Iberica e nel sud della Francia. Ecco quindi perché il coniglio viene considerato un modello eccezionale per questo tipo di studi: non solo la sua domesticazione è avvenuta recentemente rispetto a tutte le altre specie animali, ma conosciamo anche dove e quando avvenne.
Così, i ricercatori hanno prima prodotto la sequenza di riferimento del genoma di coniglio. Successivamente hanno risequenziato il genoma di conigli selvatici campionati in quattordici diverse località della Spagna e del sud della Francia, e di conigli domestici appartenenti a diverse razze.
I risultati del confronto tra i diversi genomi risequenziati indicano che la domesticazione nel coniglio è avvenuta mediante un progressivo e lento cambiamento delle frequenze alleliche di moltissime varianti geniche già presenti negli animali selvatici e non mediante un cambiamento drastico in pochi geni. Lo studio non ha identificato alcun gene inattivato selezionato durante il processo di domesticazione, bensì un elevato numero di mutazioni in regioni regolative di geni coinvolti nello sviluppo del cervello e del sistema nervoso.
Questa scoperta spiega come il cambiamento di comportamento dell’animale sia stato all’origine del processo di domesticazione: naturalmente il coniglio selvatico è un animale molto timoroso e attento ai pericoli che sono derivati dai sui naturali predatori, mentre il coniglio domestico ha perso l’istinto di fuga.
Da questi risultati è possibile predire che il processo di domesticazione ha prodotto gli stessi cambiamenti nel genoma di altre specie domestiche e che probabilmente varianti in geni coinvolti nelle funzionalità del cervello e del sistema nervoso possano contribuire, almeno in parte, alla diversità di comportamento e di personalità delle popolazioni umane.
Il lavoro pubblicato su Science, oltre a spiegare in un nuovo modo l’inizio del processo di domesticazione negli animali, attraverso il sequenziamento completo del genoma del coniglio e l’identificazione di milioni di mutazioni, apre anche nuove opportunità per l’utilizzo di questa specie come modello animale in sostituzione di topi e ratti in studi in cui i roditori sono biologicamente troppo differenti dall’uomo.
Inoltre, le conoscenze sul genoma di coniglio aprono nuove prospettive per il miglioramento nella produzione di carne di questa specie con notevoli ripercussioni nei paesi in via di sviluppo, dove l’allevamento di coniglio può fornire proteine nobili a basso costo, e nei paesi sviluppati come alternativa al consumo di carne di specie a più alto impatto ambientale.