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Cirrosi epatica, una nuova terapia riduce la mortalità del 38%

Un gruppo di ricercatori dell’azienda ospedaliera-universitaria Policlinico di Sant’Orsola di Bologna ha guidato un trial clinico durato oltre 10 anni, testando una terapia innovativa in grado di ridurre i rischi di mortalità e complicanze. I risultati sono stati pubblicati su The Lancet
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Una riduzione del rischio di mortalità, delle complicanze e dunque delle ospedalizzazioni ed una migliore qualità di vita. Sono i principali risultati ottenuti con una terapia innovativa per i malati con cirrosi epatica scompensata (basata sulla somministrazione cronica di albumina), testata in uno studio indipendente durato oltre dieci anni e guidato da un gruppo di ricercatori dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria Policlinico di Sant’Orsola di Bologna.

Per la prima volta nei pazienti con cirrosi scompensata, ovvero una grave evoluzione della cirrosi, è stata dimostrata l’efficacia di un trattamento in grado di agire complessivamente sull’intera malattia e non solo sulle singole complicanze. I risultati dello studio sono stati pubblicati su The Lancet, una delle più prestigiose riviste mediche internazionali.

Lo studio, proposto e coordinato dai professori Paolo Caraceni e Mauro Bernardi, coadiuvati dagli assegnisti di ricerca dott. Giacomo Zaccherini e dott. Maurizio Baldassarre e dal medico in Formazione specialistica in medicina interna dott. Manuel Tufoni, afferenti all’Unità operativa semeiotica medica diretta dal prof. Franco Trevisani, rappresenta il più grande trial clinico randomizzato mai portato a termine con successo in questa tipologia di pazienti. Alla ricerca hanno partecipato altri 32 centri italiani, arruolando complessivamente 440 pazienti, grazie ad un finanziamento di circa 800 mila euro da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), che ha selezionato il progetto nel 2007.

I risultati dimostrano che l'albumina è in grado di ridurre il rischio di mortalità a 18 mesi del 38%, così come il numero di paracentesi evacuative (drenaggio percutaneo del liquido ascitico) del 54% e la frequenza delle principali complicanze, tra cui insufficienza renale (-61%), encefalopatia epatica (-52%), infezioni batteriche del liquido ascitico (-67%). L’albumina, sintetizzata dal fegato, è la principale proteina presente nel sangue del nostro organismo e nella cirrosi la sua produzione è notevolmente ridotta. L’efficacia del trattamento cronico è probabilmente conseguente al recupero delle numerose funzioni che l’albumina esercita nell’organismo e che risultano compromesse dalla cirrosi.

Lo studio include anche un'analisi farmaco-economica che documenta come il trattamento non solo sia costo-efficace, in quanto il risparmio legato al minor numero di ospedalizzazioni e il miglioramento della qualità di vita giustificano ampiamente i costi legati all'uso cronico dell'albumina, ma consente anche una riduzione della spesa sanitaria nella maggioranza di questi malati.

È probabile che i risultati di questa ricerca abbiano una rapida ricaduta nella pratica clinica. In Italia, dove la somministrazione di albumina è regolata dalla nota 15 dell’AIFA, questi risultati potranno favorire l’accesso omogeneo a questa terapia garantendo appropriatezza ed evitando così sprechi e squilibri, mentre all’estero, dove la somministrazione cronica di albumina rappresenta un approccio ancora non utilizzato, potrebbero favorire la sua introduzione tra le terapie dei pazienti con cirrosi epatica scompensata.