Una tomba monumentale picena che ospita i resti di un personaggio d’alto rango. Questo eccezionale rinvenimento archeologico permetterà di scrivere nuove pagine della storia e dell’archeologia marchigiana così come del popolamento dell’Italia pre-romana. A realizzarlo è stato un team di archeologi del Dipartimento di Storia Culture Civiltà (DiSCi) dell’Università di Bologna, in accordo con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche, nel corso della campagna di scavi e ricerche nella zona di Nevola a Corinaldo, in provincia di Ancona.
La campagna, della durata di un mese e mezzo, rientra nell’ambito del multidisciplinare e innovativo progetto ArcheoNevola, diretto da Federica Boschi del del Dipartimento di Storia Culture Civiltà – DiSCi dell’Alma Mater. Nato dalla collaborazione fra DiSCi, Comune di Corinaldo, Consorzio Città Romana di Suasa e la Fondazione Flaminia di Ravenna, il progetto ha un’impronta metodologica che punta sulla programmazione e strategia archeologica consapevole e si pone il triplice obiettivo di realizzare attività di studio, formazione e ricerca attorno all’area archeologica di recente scoperta a Corinaldo.
Grazie a questo progetto è stata riportata alla luce una tomba monumentale picena di età orientalizzante, riferibile al VII secolo a.C: un’acquisizione di eccezionale importanza, sia per le caratteristiche peculiari del sito, sia per la quantità e qualità dei reperti che sta restituendo. I dati finora raccolti dal team di archeologi e restauratori, impegnati sul campo fino al 21 luglio, descrivono con precisione l’originaria presenza di una sepoltura monumentale, forse un tumulo, circondata da un fossato anulare di circa 30 metri di diametro, e con al centro una grande fossa fittamente riempita (presenti carro da parata, armi di difesa e strumenti da taglio, oggetti e contenitori bronzei, e una quantità di vasellame ceramico) che costituivano il ricco corredo del personaggio qui celebrato.
Il rinvenimento acquisisce un’importanza ancora maggiore in considerazione del luogo della scoperta, lungo il torrente Nevola, ovvero in un settore delle Marche compreso tra i fiumi Cesano ed Esino, finora molto lacunoso dal punto di vista della storia del popolamento di età picena. La recente acquisizione offre alla comunità scientifica una nuova chiave di lettura, che connota la valle del Nevola come un luogo nevralgico per la conoscenza della storia più antica del territorio marchigiano, dall’età pre-protostorica fino alla prima romanizzazione.
Le attività mirate alla conoscenza del contesto lungo via Nevola sono state avviate dall’Università di Bologna lo scorso anno, con tecniche di documentazione e di esplorazione non invasiva del sottosuolo, come la ricognizione aerofotografica e la geofisica estensiva, che hanno portato a scoprire un’area archeologica che si preannunciava interessante fin dalle prime indagini. Le ricerche non invasive sono state condotte dal Laboratorio di Geofisica del DiSCi dell’Università di Bologna, in collaborazione con la società francese Geocarta e con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma.
La lunga fase di preparazione archeologica, in vista del periodo di scavo estivo, ha visto la formazione della squadra di lavoro che ha messo insieme studiosi e specialisti dell’Università di Bologna e non solo, per una presenza complessiva durante le cinque settimane sul campo di oltre trenta partecipanti. Tra le prestigiose collaborazioni attivate si segnala quella con la Laurea a Ciclo Unico in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali dell’Università di Bologna con sede a Ravenna, che ha permesso a docenti e studenti di svolgere un’importante esperienza di restauro sul campo, introducendo la novità della collaborazione tra archeologi e restauratori direttamente sullo scavo. Tra gli archeologi dell’Università di Bologna, invece, oltre a docenti e ricercatori, il gruppo di lavoro è composto da studenti della Laurea Triennale in Beni Culturali e delle Lauree Magistrali in archeologia di Bologna e Ravenna e dagli allievi della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici.
L’equipe di lavoro del progetto vanta infine la partecipazione di numerosi specialisti impegnati nei vari aspetti della documentazione archeologica e dell’analisi dei reperti anche in laboratorio, grazie alla disponibilità e al coinvolgimento di ricercatori di eccellenza afferenti al Dipartimento di Storia Culture Civiltà e al Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna, sede di Ravenna.
L’importante traguardo conseguito rappresenta la prima tappa di un programma di lavori lungo e complesso che vedrà impegnati i soggetti coinvolti per almeno un triennio e che porterà al restauro, allo studio e alla musealizzazione di uno straordinario patrimonio archeologico finora del tutto ignoto.