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Nuovi nanomateriali per test diagnostici più efficienti

Basati su nanoparticelle di silice, potrebbero permettere di migliorare notevolmente la sensibilità delle analisi basate sull’elettrochemiluminescenza (ECL), utilizzate oggi per individuare la presenza di biomarker nel sangue a bassissime concentrazioni


Un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna ha messo a punto una nuova classe di nanomateriali capaci di generare segnali luminosi ad alta prestazione attraverso l’elettrochemiluminescenza (ECL), un meccanismo che ha oggi un ruolo di primo piano nello sviluppo di test ad elevata sensibilità per individuare la presenza di biomarker nel sangue a bassissime concentrazioni. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Angewandte Chemie International Edition.

Basata sulla generazione di un segnale luminoso misurabile a partire da uno stimolo elettrochimico, l’ECL è uno strumento che permette la rilevazione di marker, potenziando così la possibilità di diagnosi precoci. Ora, per rendere questa tecnica ancora più efficace, gli studiosi – attivi al Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician” – hanno sintetizzato due nuove tipologie di nanoparticelle di silice, uno dei minerali più presenti in natura, composto da silicio e ossigeno.

“I nanomateriali e in particolare proprio le nanoparticelle di silice sono di altissimo interesse per la ricerca su questi temi”, dice Francesco Palomba, co-primo autore del lavoro. “Utilizzando questi materiali è infatti possibile ottenere diversi vantaggi per le analisi chimiche basate sull’elettrochemiluminescenza, in termini di sensibilità, di maggiore performance, ed anche di riproducibilità”.

I nuovi nanomateriali, ottenuti attraverso la tecnica della microemulsione inversa, sono stati testati e messi a confronto con le tecniche utilizzate attualmente. Con risultati notevoli. “Controllando la procedura sintetica, siamo stati in grado di ottenere nanoparticelle capaci di fornire dei segnali estremamente intensi”, spiega Alessandra Zanut, co-prima autrice. “I test che abbiamo realizzato sui nuovi nanomateriali ci hanno permesso di ottenere segnali dieci volte più intensi rispetto a sistemi diagnostici commerciali basati su ECL che sono attualmente utilizzati per analisi cliniche”.

Grazie all’utilizzo di queste nanoparticelle di silice, gli studiosi sono riusciti ad aumentare la stabilità del segnale prodotto attraverso l’elettrochemiluminescenza (ECL), aumentando così ulteriormente il potenziale di questa tecnica di analisi. “Le nanotecnologie sono considerate oggi uno strumento fondamentale per stimolare la crescita e la competitività industriale del prossimo futuro”, aggiunge Giovanni Valenti, ricercatore dell’Università di Bologna, tra gli autori dello studio. “Combinando le nanotecnologie insieme a tecniche ad alta sensibilità come l’ECL è possibile dare vita a nuove applicazioni analitiche che possono rivelarsi particolarmente utili per la diagnosi precoce e la lotta contro le malattie infettive”.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Angewandte Chemie International Edition con il titolo “Dye-Doped Silica Nanoparticles for Enhanced ECL-Based Immunoassay Analytical Performance”. Coordinatori della ricerca sono Luca Prodi e Francesco Paolucci, in collaborazione con Alessandra Zanut, Francesco Palomba, Damiano Genovese, Enrico Rampazzo, Giovanni Valenti, Sara Rebeccani e Massimo Marcaccio, tutti attivi al Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician” dell’Università di Bologna.