Circa 10 miliardi di anni fa, una galassia nana, conosciuta come Gaia-Enceladus, entrò nel campo gravitazione della Via Lattea finendo per venire inglobata al suo interno. Per capire come questa collisione galattica, avvenuta nelle prime fasi di vita della Via Lattea, ha influenzato l’evoluzione della nostra galassia è però necessario riuscire a ricostruire una cronologia precisa: cosa non certo semplice per un evento avvenuto in un’epoca così remota.
Un importante passo avanti in questa direzione arriva ora da un gruppo internazionale di ricerca, che ha coinvolto anche l’Università di Bologna, il quale è riuscito a determinare con una precisione senza precedenti l’età relativa di un centinaio di giganti rosse – una classe di stelle longeve e particolarmente brillanti – presenti nella Via Lattea, alcune delle quali sono però originarie della galassia Gaia-Enceladus.
Pubblicato su Nature Astronomy, lo studio nasce nell’ambito del progetto Asterochronometry, finanziato dal Consiglio Europeo della Ricerca (ERC) e guidato da Andrea Miglio, professore al Dipartimento di Fisica e Astronomia “Augusto Righi” dell’Università di Bologna e associato INAF.
I risultati rivelano che le stelle inglobate dalla Via Lattea a seguito della collisione con Gaia-Enceladus hanno un’età simile, se non poco più giovane, a quella di molte stelle che sono invece nate nella Via Lattea. Questo suggerisce che, quando avvenne la collisione, la Via Lattea aveva già formato al suo interno una parte significativa del disco, o almeno del suo progenitore. E indicherebbe quindi che la collisione con Gaia-Enceladus non è stata un evento determinante per la formazione della prima popolazione stellare della nostra galassia.
“La composizione chimica, la posizione e il movimento delle stelle che osserviamo oggi nella Via Lattea possono rivelare informazioni preziose sulla loro origine e la loro storia”, spiega Andrea Miglio. “La sfida è però riuscire a stabilire con alta precisione la loro età, in modo da poter ricostruire la sequenza degli eventi che hanno formato la nostra galassia. Per fare ciò ci siamo basati su una tecnica innovativa, ovvero sullo studio delle oscillazioni acustiche che avvengono all’interno delle stelle, misurate utilizzando dati ottenuti dal satellite Kepler”.
Il metodo utilizzato dagli studiosi è infatti quello dell’asterosismologia, che permette di rivelare le proprietà delle stelle a partire dall’analisi delle loro risonanze naturali. Così come note musicali con timbri diversi dipendono dalla forma e dal materiale di strumenti musicali diversi, le frequenze e le ampiezze delle oscillazioni naturali delle stelle dipendono dalle caratteristiche della “cassa di risonanza stellare”, ovvero dal loro raggio e dalla loro struttura interna. E dato che entrambe queste proprietà variano nel corso del tempo, analizzando queste caratteristiche è stato possibile determinare con alta precisione l’età delle stelle.
“Utilizzando informazioni dettagliate sulle frequenze di oscillazione di queste stelle, la metodologia che abbiamo applicato ci ha permesso di arrivare a stabilire con grande precisione le loro età”, dice ancora Miglio. “L’obiettivo ora è utilizzare questo approccio per campioni più numerosi di stelle, in modo da poter ottenere una ricostruzione sempre più precisa della storia della Via Lattea, creando una vera e propria cronologia di come la nostra galassia si è evoluta nel corso del tempo”.
La ricerca è stata pubblicata su Nature Astronomy con il titolo “Chronologically dating the early assembly of the Milky Way”. Per l’Università di Bologna ha partecipato Andrea Miglio, professore al Dipartimento di Fisica e Astronomia “Augusto Righi” e associato INAF.