Scavo, anastilosi e conservazione presso la Porta di Adad (VII sec. a.C.) a Ninive, Mosul, Iraq (Credito: Missione Archeologica Iracheno-Italiana, novembre 2020)
Coinvolgere le comunità locali in Iraq e in Uzbekistan per salvaguardare e valorizzare i paesaggi archeologici e il patrimonio culturale. È uno degli obiettivi del nuovo progetto KALAM, guidato da Nicolò Marchetti, professore di archeologia orientale al Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna, che è stato finanziato dalla Volkswagen Foundation (in partenariato con Compagnia di San Paolo, Riksbankens Jubileumsfond, The Wallenberg Foundations) nell’ambito dell’iniziativa “Global Issues – Integrating Different Perspectives on Cultural Heritage and Change”.
Il progetto – che coinvolge anche l’Università di Mosul (Iraq), l’Accademia delle Scienze dell'Uzbekistan e l’Università Ludwig Maximilian di Monaco (Germania) – si concentrerà sul grande sito archeologico di Ninive e sui paesaggi archeologici della Mesopotamia meridionale in Iraq e sulle valli dei fiumi Zeravshan e Surkhandarya in Uzbekistan.
"Questo progetto mira a ripensare il nostro approccio ai paesaggi archeologiciattraverso nuove pratiche per la loro documentazione, conservazione e gestione: l'obiettivo è dare vita a dei 'paesaggi vissuti' favorendo la conoscenza e l'interesse per la protezione dei territori da parte delle comunità che li abitano", spiega il professor Marchetti. "Le aree dell'Iraq e dell'Uzbekistan che abbiamo individuato presentano infatti un contesto socio-politico fragile che può portare a minacciare la conservazione del patrimonio culturale: per questo servono strategie flessibili ed efficaci da poter applicare sul campo".
Gli studiosi lavoreranno innanzitutto sull’intreccio tra le analisi da remoto dei paesaggi consentite dalle tecnologie digitali e le attività sul campo. Gli strumenti per telerilevamento tramite droni o immagini satellitari (gestiti in ambiente GIS), verranno infatti usati in parallelo alle applicazioni di intelligenza artificiale per il riconoscimento automatico dei siti archeologici nella pianura alluvionale (rafforzando una collaborazione già avviata con il prof. Marco Roccetti), cui seguirà poi una verifica ssul campo: ci si aspetta di poter quadruplicare i siti conosciuti nelle aree di lavoro prescelte.