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Lutto in Ateneo. È scomparso Massimo Campieri

Docente di medicina, scienziato, accademico e medico appassionato, ha fondato il Centro di Studio e Cura per le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali, punto di riferimento a livello nazionale

E' scomparso Massimo Campieri, professore di Medicina dell'Università di Bologna dove si è formato, laureandosi in Medicina e Chirurgia nel 1973 con la tesi su “Effetti dei mediatori adrenergici sulla secrezione gastrica”.

Il prof. Campieri non ha mai abbandonato l’interesse per la ricerca di base e clinica applicata in ambito Internistico e Gastroenterologico tanto che, nel 1977, ha concluso la formazione specialistica in Gastroenterologia e, dopo aver vinto una borsa di studio del British Council, ha ampliato la sua esperienza nella Scuola Medica di Oxford. A Oxford, nel Radcliffe Infirmary, tempio della ricerca applicata, ha incontrato Sidney Truelove, uno dei massimo esperti mondiali sulle malattie infiammatorie croniche intestinali con cui è nata un'amicizia oltre che una collaborazione scientifica che hanno portato alla formulazione di terapie basilari nella cura di queste patologie.

Rientrato in Italia, ha continuato la sua attività di ricerca e didattica in seno all’Università di Bologna e clinica nel Policlinico di S. Orsola, nella Clinica Medica diretta dal prof. Labò prima e dal prof. Barbara poi. Qui ha fondato il Centro di Studio e Cura per le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali guidato da 2 intuizioni: l’applicazione clinica delle ricerche di base e la gestione multidisciplinare di queste patologiche. Ha iniziato inoltre una collaborazione fondamentale con il gruppo chirurgico guidato dal Prof Gozzetti prima e dal Prof Poggioli poi, fondamenta che sono ancora oggi alla base del centro che porta il suo nome. Il Centro, negli anni, ha varcato i confini regionali diventando un punto di riferimento nazionale. Fortificato dalla stretta interazione medico-chirurgica, rappresenta la realizzazione di una struttura unica in Italia.

Docente appassionato, ha sempre spronato i suoi allievi a una visione olistica della medicina, senza fermarsi alla cura del sintomo ma della persona malata. Le lezioni frontali venivano sempre concluse con la prova sul campo, nella clinica pratica, dove l’uomo ed il tecnico si fondevano per diventare il medico, dedito all’ascolto ed alla comprensione della malattia e della persona malata.

Uomo dai mille interessi, aveva però alcuni pilastri fondamentali: la famiglia e la sua equipe. La lunga malattia non aveva fiaccato né il suo impegno clinico ed accademico né le sue passioni. Arguto lettore di Dante e della sua Divina Commedia, aveva trovato in essa nuovi spunti interpretativi del lavoro del medico e del ricercatore.