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Politiche imprenditoriali inclusive: le imprese multiculturali come opportunità di crescita

I risultati del progetto Erasmus+ MIG.EN.CUBE, coordinato dall’Alma Mater, mostrano che i contesti dell’incubazione possono diventare luoghi per far nascere e crescere un’imprenditoria multiculturale, se capaci di mettere a fuoco e valorizzare le diversità


Valorizzare le diversità culturali, sperimentando e proponendo nuove metodologie formative per esperti di incubazione imprenditoriale. Il progetto Erasmus+ MIG.EN.CUBE (Fostering MIGrant ENtrepreneurship inCUBation in Europe), guidato dall'Università di Bologna, ha presentato i risultati della sua attività di ricerca nel corso di un evento organizzato dalla Fondazione Grameen Italia, che conferma il suo impegno verso lo sviluppo dell’economia sociale e inclusiva.

Il progetto è nato per capire quali sono le necessità percepite da diverse tipologie di incubatori di impresa per lavorare in modo efficace con i migranti. A partire da questa ricognizione – con un approccio dal basso e interattivo – sono stati mappati i programmi di supporto all’imprenditorialità specificatamente dedicati a migranti in Francia, Italia e Paesi Bassi. Attraverso interviste con più di 40 organizzazioni sono state identificate, catalogate e condivise alcune buone pratiche: elementi che offrono ai professionisti che lavorano nei programmi di incubazione nuovi strumenti utili già testati e validati.

"Dopo aver studiato le diverse esperienze in tutta Europa, ora è il tempo di passare all’azione", dice Daniela Bolzani, ricercatrice senior e docente di Management al Dipartimento di Scienze Aziendali dell'Alma Mater e referente del progetto europeo.

Il team di ricerca di MIG.EN.CUBE ha somministrato una survey a più di 100 professionisti dell'incubazione nei tre paesi, chiedendo di valutare le loro competenze. Mentre i risultati mostrano che le soft skills sono in genere particolarmente avanzate (in media 4,3 su una scala da 1 a 5), risultano minori competenze sui contenuti legali e amministrativi (2,9), sul lato dei finanziamenti e degli investimenti soprattutto nell’ambito della finanza d'impatto e della microfinanza (3,1). Risultano inoltre relativamente poco sviluppate competenze sulla diversità, equità ed inclusione (3,5) – argomento su cui gli incubatori non fanno particolari esperienze di formazione.

Gli esiti delle ricerche condotte nel progetto europeo mostrano una carente formazione all’interno delle organizzazioni di supporto all’imprenditorialità e una “mitizzazione della Silicon Valley da parte degli operatori e delle nuove start-up”, che produce isomorfismo in un ecosistema di impresa che dovrebbe tenere conto della propria biodiversità.

Una visione condivisa e confermata durante l'incontro di presentazione del risultati - ospitato negli spazi del MUG – magazzini generativi di Bologna - a cui hanno partecipato Vittoria San Pietro, responsabile innovazione e startup e coordinatore delle aree territoriali di Emil Banca, Giacomo Venezia, autore a Change Makers Magazine, Charity Dago, fondatrice e CEO di Wariboko Agency, e Daniele Panzeri, Senior Programme Support and Liaison presso IOM - UN Migration.

È importante quindi raccontare “altre” forme di impresa – per esempio in chiave cooperativa - e far dialogare tra loro gli spazi di innovazione. Gli incubatori devono essere pronti a dare spazio alle imprenditrici e agli imprenditori con background migratorio, anche all’interno dei processi decisionali. Solo creando spazi e programmi dove le persone sono al centro del processo di incubazione imprenditoriale, infatti, si può passare a un’imprenditoria pienamente multiculturale, capace di mettere a fuoco e valorizzare le diversità.