I nostri motori di ricerca: intervista a Valentina Gatta
5 PER MILLE UNIBO / I fondi che l'Università di Bologna riceve attraverso il 5 per mille vanno a finanziare le attività di ricerca. Come quella di Valentina. Di cosa si occupa in cinque parole? "Progettiamo virus killer contro tumori"
Nome
Valentina
Cognome
Gatta
Età
31
Dottorato in
Dottore di ricerca in Biologia Cellulare, Molecolare e Industriale
Di cosa ti occupi?
Mi occupo dello sviluppo e sperimentazione preclinica di virus Herpes simplex oncolitici. In pratica, ingegnerizziamo geneticamente il virus Herpes simplex 1 in modo che riconosca e uccida selettivamente le cellule tumorali risparmiando quelle sane.
Racconta la tua giornata tipo da ricercatore.
E’ molto difficile descrivere una giornata "tipo" in quanto ogni giorno può essere diverso dal precedente. Personalmente, la mia giornata comincia controllando lo stato di "salute" dei virus che sto coltivando in vitro. Il virus utilizza le cellule per poter crescere e va monitorato costantemente! La coltivazione va ottimizzata e il virus che viene via via raccolto va testato per essere caratterizzato. Durante la giornata ci sono momenti in cui ci si dedica alla progettazione degli esperimenti per le giornate successive ma anche agli ordini del materiale, alla preparazione delle soluzioni e di tutto il necessario per realizzare la parte sperimentale. Settimanalmente c’è una giornata che viene dedicata alla discussione dei progetti di ricerca da parte dell’intero gruppo: ognuno relaziona i risultati ottenuti e i problemi riscontrati, così si intavola una discussione per il proseguimento della linea sperimentale. In altri incontri vengono presentati ai colleghi i risultati ottenuti da altri gruppi di ricerca che possono avere ricadute sui nostri progetti.
Quando hai deciso di fare ricerca?
Durante il Liceo. Devo ringraziare la mia professoressa di Chimica e Biologia che mi ha fatto appassionare alla Biologia Cellulare e al metodo sperimentale.
Cosa ti appassiona di quello che studi?
E’ straordinario riuscire a modificare qualcosa di tanto piccolo che non si vede! I virus non si vedono al microscopio ottico e ti accorgi della loro presenza solo grazie all’effetto che hanno sulle cellule nelle quali sono penetrati. A parte questo, ciò che guida il lavoro è la speranza di trovare una cura per alcuni tumori ancora oggi difficilmente trattabili con le terapie tradizionali o quantomeno di aggiungere un tassello, per quanto piccolo, all’immenso lavoro di tanti ricercatori che si battono per lo stesso scopo.
Cosa pensi prima di andare a dormire la sera?
Dipende. Ci sono serate in cui ringrazio per la bella giornata, proprio perché gli esperimenti hanno preso la piega giusta; altre volte, come succede a tutti, sono arrabbiata e delusa perché qualcosa è andato storto.
E quando ti svegli al mattino?
Anche questo dipende. Ci sono mattine che uno non vede l’ora di arrivare in laboratorio per vedere il risultato dell’esperimento del giorno prima!
Descrivi in due frasi la tua ricerca.
Io e il gruppo di ricerca di cui faccio parte ci occupiamo della ingegnerizzazione genetica del virus Herpes simplex per utilizzarlo nella viroterapia oncolitica. Il virus viene reso capace di riconoscere e uccidere solo le cellule tumorali verso le quali è stato ingegnerizzato mentre non è più in grado di entrare in quelle che normalmente infetta.
E in cinque parole?
Progettiamo virus killer contro tumori.
Che risultati sogni di raggiungere con la tua ricerca?
Se posso sognare, mi piacerebbe che qualcuno dei nostri virus ingegnerizzari fosse in grado di passare alla fase di sperimentazione clinica.
Quale scoperta/invenzione pensi possa rivoluzionare il tuo ambito di ricerca nei prossimi cinque anni?
Nei prossimi anni avrà una estrema importanza il risultato degli attuali trials clinici sui virus oncolitici. Questo darà forza al nostro campo e la possibilità di continuare a migliorare i nostri risultati.
E nei prossimi cinquanta?
Penso che lo sforzo dedicato all’identificazione e caratterizzazione di target tumorali sempre più specifici possa aiutare a rendere le terapie oncologiche più mirate verso cellule malate.
Cosa ti piace di più del fare ricerca?
La continua sorpresa: ogni giorno c’è qualcosa di diverso da osservare e valutare. Il risultato modificherà probabilmente ciò che farai il giorno successivo, la settimana successiva o il mese successivo! E’ tutto un divenire di avvenimenti che non ti annoia mai.
Una cosa che hai imparato facendo ricerca.
Fare ricerca è entusiasmante ma non va dimenticato che dietro ad ogni successo c’è una sequela infinita di esperimenti falliti e di conseguente frustrazione. Quindi ho sicuramente imparato ad avere pazienza e costanza per non abbattermi e affrontare ogni giorno con fiducia! Il secondo aspetto è la collaborazione: il gruppo è fondamentale per scambiarsi idee sui propri progetti e risolvere così i problemi e/o errori in cui inevitabilmente si incappa.
Perché la ricerca è importante?
La ricerca è il mezzo che l’umanità ha per migliorare la propria vita e per conoscere ciò che la circonda.
Sei un ricercatore "da adottare". Cosa vorresti dire ai tuoi sostenitori?
L’italia sta vivendo un momento difficile in cui il sostegno alla ricerca da parte dello Stato non si può certo definire soddisfacente. Io stessa sono una "impiegata nella ricerca" a tempo determinato e il mio contratto è rinnovato annualmente, se tutto va bene. Senza il contributo dei singoli privati o delle associazioni è, ad oggi, impossibile poter mandare avanti un laboratorio. Una struttura che fa ricerca scientifica ha dei costi di gestione (personale e attrezzature) non facili da sostenere. Va considerato comunque che, nonostante lo scarso contributo statale alla ricerca, i laureati italiani sono tra i più preparati al mondo. Penso che possa valere la pena sostenerci in questo cammino che ha come finalità il progresso nonché la conoscenza.