Unibo Magazine

Nome
Antonio

Cognome
Bonomo

Età
29

Laureato in
Archeologia e storia dell’arte del Vicino Oriente antico

Dottorando in
Archeologia

Di cosa ti occupi?
Mi occupo della civiltà urbana del II e I millennio a.C. nel Levante (o area siro-palestinese), prestando speciale attenzione alla cultura materiale, in particolare alla ceramica. Con il mio progetto di dottorato sto analizzando e studiando la sequenza cronologica della necropoli a incinerazione di Karkemish, scavata in parte all'inizio del secolo scorso dalla missione britannica del British Museun diretta da Sir Leonard Woolley, il cui assistente era Thomas Edward Lawrence poi conosciuto come Lawrence d’Arabia e di nuovo, a partire dal 2011 da una missione turco-italiana diretta da Nicolò Marchetti. La grande metropoli ittita di Karkemish è uno dei centri più importanti tra Siria e Mesopotamia ed era citata già nei testi del III millennio di Ebla. Diviene la seconda città più importante dell’impero ittita a partire dalle campagne in Siria del grande re Suppiluliuma I nella seconda metà del XIV sec. a.C. arrivando a controllare tutta l’attuale Siria settentrionale e Libano. Nel 1274 a.C. invia propri contingenti a combattere contro il faraone Ramesse II nella celebre battaglia di Qadeš. Dopo essere stata sede di una potente dinastia autonoma, nel 717 a.C. viene conquistata dal grande sovrano assiro Sargon II, che la sviluppa e amplia fino a che nel 605 Nabucodonosor II non la distrugge sconfiggendo le truppe alleate di assiri ed egiziani.

Racconta la tua giornata tipo da ricercatore.
La sveglia suona abbastanza presto, alle 7. Dopo una ricca colazione, inizio a leggere i giornali sul web. Subito lavoro sulla letteratura scientifica, schedando pubblicazioni per lo più in inglese e francese: a tratti la ricerca a tavolino diventa anche intrigante, soprattutto quando passo in rassegna la corrispondenza dei primi scavatori e i taccuini con gli appunti di scavo del primo '900, tutto materiale conservato al British Museum di cui ho avuto copia e che è del tutto inedito. Dopo pranzo e un buon caffé, nel pomeriggio lavoro soprattutto sulla schedatura di materiali ceramici e la creazione dei relativi databases, la sera però mi riposo andando in palestra. Questo vale anche nel fine settimana, quando anzi sono del tutto libero di dedicarmi allo studio e non mi chiamano a fare lavori part-time.

Quando hai deciso di fare ricerca?
Tutto iniziò durante i primi anni universitari, quando ebbi la fortuna di conoscere e collaborare con quelli che sono i miei maestri: a Parma, per la laurea triennale, la professoressa Frances Pinnock, codirettore degli scavi di Ebla, poi per la magistrale a Bologna il professor Nicolò Marchetti del Dipartimento di Storia, culture, civiltà, direttore degli scavi di Karkemish in Turchia. A loro devo il metodo e la passione per la ricerca. Mi ricordo ancora il giorno in cui il professor Marchetti mi propose di collaborare con lui per andare a scavare in Turchia: ero emozionatissimo, anche perchè conoscevo il professore per fama, in quanto era stato dapprima membro della missione di Ebla sotto la guida di Paolo Matthiae suo maestro, poi direttore di quella di Gerico e infine di quella in Turchia.

Cosa ti appassiona di quello che studi?
Amo il mondo dell’archeologia orientale e l'Oriente in generale, sono appassionato alla ricerca svolta direttamente sul campo nei mesi che passo ogni anno a Karkemish per condurre gli scavi archeologici nei settori di cui mi viene affidata la responsabilità, consapevole che sotto ogni piccolo granello di terra si cela un nuovo tassello della storia, quella ancora da scrivere e che solo noi possiamo portare alla luce.

Cosa pensi prima di andare a dormire la sera?
Penso a come posso migliorare la mia ricerca, sia nelle schedature al computer, sia in quei mesi che mi vedono operare direttamente sul campo: è un po' strano forse che siano questi gli ultimi pensieri della giornata ma è così.

E quando ti svegli al mattino?
Penso a come portare avanti la mia ricerca senza borsa e quindi ai lavoretti che devo svolgere in parallelo per mantenermi, ma non per questo perdo la voglia e l’entusiasmo. Provo sulla mia pelle le difficoltà di uno studente fuori sede a portare avanti gli studi in questa condizione ma sono consapevole delle potenzialità del mio progetto e ci credo fortemente. Quindi cerco di organizzare al meglio la giornata e ottimizzare i tempi.

Descrivi in due frasi la tua ricerca.
La mia ricerca verte soprattutto sullo studio e analisi dei contesti funerari datati all’età del Ferro (1200-500 a.C.) a Karkemish, rinvenuti sia dalla missione britannica del British Museum, sia nei nostri nuovi scavi turco-italiani, per ricostruirne i rituali funerari e metterli in relazioni con altre necropoli a incinerazione della Siria settentrionale e Turchia sud-orientale.

Che risultati sogni di raggiungere con la tua ricerca?
Con il mio progetto di ricerca sogno di ricostruire i contesti e rituali funerari con l’obiettivo di definire lo sviluppo della necropoli e produrre una seriazione cronologica dettagliata della cultura materiale che ci permetta una comprensione storica più approfondita. Nella ricerca vengono anche impiegate nuove tecniche d’indagine quali analisi archeometriche (XRD, DTG, DTA, XRF, studio ottico mediante microscopio con polarizzatore e microscopio elettronico), la ricognizione geofisica e gli studi geologici, antropologici e dei residui.

Quale scoperta/invenzione pensi possa rivoluzionare il tuo ambito di ricerca nei prossimi cinque anni?
Una l’abbiamo avuta già durante la campagna 2011, quando è stata scoperta una stele che ha scritto un nuovo capitolo di storia. Un enorme monolite in basalto completamente ricoperto di scritte in geroglifico luvio che ci narra vicende storiche di Karkemish di un'epoca, quella intorno al 1000 a.C. che era quasi completamente sconosciuta. La scoperta degli archivi, finora mancante, potrebbe produrre un cambiamento gigantesco nelle nostre conoscenze, sul genere magari di quello che produsse la scoperta di oltre 17mila tavolette nel 1975 nel Palazzo G di Ebla da parte del prof. Paolo Matthiae.

E nei prossimi cinquanta?
La possibilità di realizzare davvero la rivoluzione digitale ormai a portata di mano, nell'organizzare cioè il sapere archeologico in un modo diverso e davvero integrato. Un sostanziale miglioramento verrà anche apportato dallo sviluppo della geofisica e l'utilizzo di alcuni apparecchi per la caratterizzazione chimico-fisica dei materiali direttamente sul campo.

Cosa ti piace di più del fare ricerca?
Mi piace la possibilità di fare luce su nuovi orizzonti storici, aggiungere un tassello in più al sapere. Mi piace la possibilità di condividere questi risultati con la comunità scientifica e poi metterli a disposizione di tutti.

Una cosa che hai imparato facendo ricerca.
Ho imparato a essere tenace, a lavorare con costanza, a rispettare l'evidenza per come è e non per come vorrei che fosse e, soprattutto, a cambiare spesso idea, perché solamente con questi presupposti si possono ottenere buoni risultati.

Perché la ricerca è importante?
Perché produce innovazione attraverso la competitività, crea nuove prospettive che si riflettono sulla crescita intellettuale e anche materiale della società. Ci sono tanti giovani italiani come me che tra mille incertezze vanno avanti perché ci credono fermamente.

Sei un ricercatore "da adottare". Cosa vorresti dire ai tuoi sostenitori?
Aiutaci a crescere e a migliorare il nostro Paese e la comunità internazionale: la ricerca è un bene comune ed è un investimento per il futuro. Noi crediamo nel nostro lavoro, credici anche tu.