Nome
Marilisa
Cognome
Malizia
Età
28
Laureata in
Gender and Ethnicity
Dottorato in
Politica Istituzioni Storia
Di cosa ti occupi?
Mi occupo di pensiero femminista e uso politico della violenza. Attraverso il caso storico considerato, ovvero l'intricata relazione tra movimento femminista e violenza politica tra anni Settanta e anni Ottanta, il progetto di ricerca, eminentemente interdisciplinare, analizza e rilegge il rapporto che lega tradizionalmente politica e violenza attraverso una genealogia femminile alla questione.
Racconta la tua giornata tipo da ricercatrice.
Trascorro molto del mio tempo in biblioteca. Dopo aver controllato l'account di posta, passo alla fase di scrittura della tesi, che in questo periodo riempie le mie giornate, insieme alla lettura e in alcuni casi rilettura dei testi utili al mio progetto di ricerca. Mi piace inoltre dedicare del tempo a consultare le ultime uscite di alcune riviste di storia contemporanea, di filosofia femminista e di storia di genere. Durante il periodo di lavoro d'archivio, è l'archivio stesso che diventa la mia casa.
Quando hai deciso di fare ricerca?
Intorno ai 7 anni Ho deciso che avrei passato molto del mio tempo a studiare. Il desiderio di ricercare nasce, durante la laurea triennale, da un'assenza e invisibilità percepita di uno sguardo di genere all'interno dei corsi seguiti (seppur con rare e preziose eccezioni). Il percorso all'interno del Research Master in studi di genere ha confermato il piacere che provo nel fare ricerca.
Cosa ti appassiona di quello che studi?
La storia delle donne, il pensiero politico femminista e più in generale gli studi di genere sono qualcosa di più e di diverso da un ambito di studi specialistico, un territorio che decostrusce rassicuranti certezze e fornisce uno sguardo complesso sull'esistente e degli strumenti per pensare e agire altrimenti.
Cosa pensi prima di andare a dormire la sera?
A tutto quello che non sono riuscita a fare e che... è sempre troppo tardi!
E quando ti svegli al mattino?
Dopo un necessario caffè e aver ascoltato un'altrettanto necessaria musica, guardo ai libri sparsi per tutta la casa e penso alle letture che ancora non ho fatto, ai temi su cui vorrei scrivere, ai libri che mi piacerebbe leggere, penso che forse dovrei fare un po' di ordine e che... è sempre troppo tardi!
Descrivi in cinque parole la tua ricerca?
Pensiero femminista e violenza politica.
Che risultati sogni di raggiungere con la tua ricerca?
Mi sembra urgente disarticolare i nessi che legano assieme alcuni dei termini cruciali della politica moderna, come politica e violenza, decostruendo gli ordini discorsivi dominanti e offrendo un cambio di prospettiva sulla logica belligerante e sul soggetto che le corrisponde, attraverso una destabilizzazione della fissità delle posizioni. Dal punto di vista storiografico, molte sono le domande ancora aperte sul femminismo degli anni Settanta, ancora di più su quello degli anni Ottanta. Spero che la mia ricerca contribuisca a gettare nuova luce su alcuni aspetti di tale storia e sui motivi esterni della crisi del femminismo degli anni Settanta.
Quale scoperta/invenzione pensi possa rivoluzionare il tuo ambito di ricerca nei prossimi cinque anni?
Non so cosa si possa intendere come scoperta rivoluzionaria nel mio ambito di ricerca. Credo piuttosto che le singole ricerche possano contribuire ad illuminare alcuni aspetti delle dinamiche di genere nelle varie epoche e contesti storici. Spero inoltre che la postazione teorica femminista possa essere intesa non come separata cornice di senso antagonista al "neutro universale" ma come contaminazione della riflessione contemporanea relativa al pensiero politico.
Cosa ti piace di più del fare ricerca?
Il percepire il movimento rispetto al punto di vista che avevo all'inizio della ricerca. Il lavoro d'archivio inoltre è un esercizio di responsabilità, basato sull'ipotesi che la scrittura della storia sia, in un certo senso, una rivincita, "una compensazione del passato senza parole", come direbbe Denis Crouzet, il rintracciare un'assenza, le voci che mancano.
Una cosa che hai imparato facendo ricerca.
Imparo che una scoperta prevede anche il disorientamento e che non si può mai dare per scontato che i concetti ereditati siano quelli più indicati per il nostro "soggetto" di ricerca.
Perché la ricerca è importante?
Perchè è un'impresa di creazione, un atto di fertilità, un "guardare il mondo con occhi spalancati", come direbbe Edith Stein.
Sei una ricercatrice "da adottare". Cosa vorresti dire ai tuoi sostenitori?
Virginia Woolf scriveva che "una donna deve avere soldi e una stanza tutta per sé per poter scrivere". Considerato il quadro complesso dello stato attuale delle università italiane e la condizione degli studi di genere in Italia, problematica tanto nella didattica quanto nella ricerca, la celebre frase della scrittrice inglese mi sembra ancora preziosa.