Apre domani, martedì 6 novembre, e resterà esposta fino al 21 dicembre, a Casa Saraceni (via Farini, 15 - Bologna) la mostra "Lo sport europeo sotto il nazionalsocialismo", curata dal Mémorial de la Shoah di Parigi e realizzata con il patrocinio, tra gli altri, dell'Università di Bologna.
L'esposizione si concentra sul periodo compreso tra il 1936 e il 1948, ovvero dai Giochi Olimpici di Berlino ai Giochi Olimpici di Londra. "In quel periodo - spiegano gli organizzatori - si affermò in Europa una 'nuova era dello sport', contrassegnata da un controllo totalitario degli sportivi e delle masse di spettatori, da una collaborazione sportiva con l’occupante, da politiche di esclusione degli atleti ritenuti indesiderabili, da umiliazioni e violenze inflitte soprattutto ai campioni sportivi che dovettero subire la deportazione. Per i governi totalitari ed autoritari, le competizioni sportive internazionali rappresentano un’opportunità straordinaria sia per rafforzare la coesione interna dello Stato, vale a dire il senso di identità nazionale del popolo, sia per dimostrare agli altri Paesi la propria forza e la propria superiorità. Tuttavia lo sport è stato anche un potente strumento di riarmo morale e fisico per le minoranze oppresse, per i resistenti, e persino per alcuni prigionieri nei campi di concentramento".
Insieme alla mostra sono in programma anche due giornate di studi sul tema, entrambe ricche di interventi. La prima - "Lo sport europeo dai fascismi alla democrazia" - si tiene domani, nella Sala della Cultura di Palazzo Pepoli (via Castiglione, 8 - Bologna), subito dopo l'inaugurazione ufficiale dell'esposizione (prevista per le 10). La seconda, sempre a Palazzo Pepoli, è invece prevista per martedì 4 dicembre e ha per titolo "L’Italia fascista e lo sport, l’esaltazione del corpo e le leggi razziali: Primo Lampronti, Arpad Weisz, Gino Bartali".