Autore: Franco Andreucci
Editore: Bononia University Press
Prezzo: 19 euro
"Il saggio intende in primo luogo sottoporre a critica la tradizione comunista, sia nella sua genesi politica, sia nei suoi risvolti storiografici; poi, intende rivalutare le ragioni e lo sguardo dell’altro che del comunismo ha saputo cogliere – da un punto di vista esterno – identità e linguaggi; in quest’ambito intende rivalutare gli studi sociologici americani degli anni ’40 e ’50; infine, vorrebbe suggerire una visione se non nuova, almeno inconsueta negli studi sul Pci, fortemente rivolta al discorso dell’identità e dei linguaggi".
Lo storico della politica Franco Andreucci sintetizza così gli obiettivi di Falce e martello – Identità e linguaggi dei comunisti italiani fra stalinismo e guerra fredda. Un testo, pensato e realizzato in diversi momenti della vita dell’autore, che nasce per tentare di colmare una lacuna: una storia del Partito comunista italiano non scritta da comunisti. In molti infatti hanno raccontato le vicende del partito dalla sua fondazione ai primi anni del Dopoguerra. Tuttavia, quelle storie si sono sempre fermate a una visione politica dei fatti. Ridotta fu l’apertura interdisciplinare: sociologia, politologia e antropologia, che all’epoca si stavano già sedimentando, apparivano come prodotti "americani", prodotti del "nemico". Ridotta fu ancora l’apertura internazionale: nessuno considerò le tesi sviluppate sull’ideologia marxista e leninista oltre Oceano. Ridotta fu infine anche l’attenzione per l’altro, l’antagonista politico interno, considerato superfluo per lo studio di un’istituzione che si faceva vanto della sua apertura e della sua trasparenza.
Andreucci cerca di scomporre il mito, la tradizione istituzionalizzata che permea molte delle storie sul Partito Comunista Italiano. E nella sua decostruzione, scompone il comunismo in diverse dottrine, separa le differenti opzioni politiche (alleanze, rotture, rivoluzioni finali), va alla ricerca del sistema di valori soggiacente (visione manichea del mondo) e in ultimo cerca di catturare i simboli e i miti di cui il partito si nutrì, come, primo fra tutti, il mito dell’uomo nuovo.
Nel quattro capitoli che compongono l’indagine, il saggio traccia la genesi dell’identità comunista, la sua definizione esplicita da parte del partito, i contenuti di questo universo simbolico, e, infine, i rituali di ingresso e uscita del partito. Non è infatti improprio, a volte, continuare a definire il comunismo come un vangelo.
Il testo, edito dalla Bononia University Press all’interno della collana "Storie", è quindi una finestra aperta su una religione secolare di cui la tradizione ha trascurato molti aspetti. Una finestra che l’autore spera parziale, pur ammettendo di essere lui stesso scettico sulla propria capacità di rendersi indipendente da una dichiarata militanza nelle file del partito.