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Poesia romantica in musica

Autore: Alberto Caprioli (a cura di)

Editore: Bononia University Press

Prezzo: 32 euro

Nell’epoca romantica musicisti e poeti collaborarono come mai nella storia. Da Verdi a Brahms, da Coleridge a Shelley, ecco che da questo libro ci viene spiegato il modo e il motivo. E soprattutto l’affascinante filosofia dell’epoca che della sensibilità e delle emozioni fece la propria bandiera.

Il libro "Poesia romantica in musica", a cura di Alberto Caprioli, ha come scopo quello di analizzare l’incontro inter-artistico che si ha nel periodo romantico tra la poesia e la musica. Queste due discipline, per eccellenza le due "arti sorelle", trovarono in questo periodo storico il maggior momento di unione. Tanto che, nelle parole di Lilla Maria Cristafulli (una degli autori che si incontrano nel volume), "non ci fu musicista del periodo romantico che non intrattenne rapporti vitali con la parola poetica".

Gli esempi illustri che sono trattati in maniera approfondita, con tanto di spartiti e testi originali, non lasciano dubbi. Si va da Johannes Brahms a Franz Schubert, da Gioacchino Rossini a Giuseppe Verdi. Gli ultimi due sono citati, tra l’altro, per uno dei generi probabilmente più interessanti: il duetto amoroso. In questa tipologia, ci spiega Marco Beghelli, "terminato il momento prettamente referenziale, in cui ognuno ha espresso le proprie ragioni drammatiche, i personaggi si trasformano definitivamente in cantanti, portando a compimento la loro missione vocale, per il sollazzo degli spettatori che rimangono soddisfatti anche nei sensi più riposti".

A questo argomento si collega immediatamente nell’immaginario comune la figura della donna. Nel volume viene considerata soprattutto in relazione al romanticismo russo. Qui ritroviamo personaggi come Ljudmila (in Ruslan e Ljudmila), Tatjana ed Ol’ga (in Evgenij Onegin di Puskin) e Tamara (nel Demone di Lermontov). Si distinguono quattro tipi di protagoniste: l’eroina-vittima; l’eroina lirica che decide del proprio destino;  la donna-bambina anche civetta e frivola; la donna che compete con gli uomini.

Naturalmente non solo i musicisti fecero ausilio dei poeti, ma vale anche il discorso inverso. Si arriva così a parlare di geni della poesia come Percy B. Shelley, Samuel Taylor Coleridge e William Wordsworth e del fatto che "la musica divenne per i poeti di primo Ottocento un traguardo magico al quale tendere, il luogo privilegiato della sperimentazione e della stessa modernità".

Una modernità, quella del Romanticismo, in cui c’è un mutamento della sensibilità e "più precisamente l’affermazione di una nuova sensiblerie", scrive Barnaba Maj. Un tema, questo, che rimanda a quello dell’anima, a una vera e propria cultura dello spirito. Schmitt vede, infatti, nel Romanticismo la scoperta di un "abisso irrazionale".

In questa dominazione della sfera emotiva, la musica viene vista come un’eliminazione dell’oggettività spaziale, un’arte che non si affida alla materialità, che non usa la vista bensì l’udito. E qui chiudiamo, con una citazione appropriata di Hegel: "… Il compito principale della musica perciò consisterà nel far risuonare non il mondo stesso degli oggetti, ma al contrario il modo con cui l’Io più intimo è in sé mosso secondo la sua soggettività e anima ideale".