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Il sistema di valutazione e la ripartizione dei fondi

Il tema della valutazione di didattica e ricerca, quello dei finanziamenti di Ateneo e Facoltà. In un'intervista il Rettore Pier Ugo Calzolari illustra il sistema di valutazione e le connessioni che esso ha con la ripartizione dei fondi.
statua cortile Ercole

Magnifico Rettore come è stato organizzato il sistema di valutazione del lavoro dei docenti in Ateneo? Si discute sulla pubblicità da dare ai risultati...

"Sarebbe opportuno che chi interviene sulla questione della pubblicità da dare ai risultati della valutazione della ricerca e della didattica dei docenti dell’Ateneo fosse consapevole di alcuni aspetti. Innanzitutto che la questione si pone perché in questi anni si è provveduto ad organizzare un completo sistema di valutazione, che si occupa sia della ricerca sia della didattica. Altrimenti, si lascia pensare che i risultati di cui oggi disponiamo siano il frutto di una benevola e gratuita elargizione del caso e non il frutto di un lavoro molto difficile per effetto dell’incrostazione di abitudini tranquille che esso andava ad intaccare".

Quali sono i modi in cui ricerca e didattica vengono valutati in Ateneo?

"L’attività della ricerca scientifica viene valutata in diversi modi: attraverso le analisi del nostro Osservatorio della Ricerca, le esplorazioni delle peer reviews sui dipartimenti, il nuovo modello di riparto dei fondi RFO introdotto di recente dalla Commissione Ricerca, le conclusioni del Comitato CIVR.
Per la didattica possediamo, allo stato, solo le valutazioni degli studenti e le indicazioni che derivano dall’esame statistico del flusso degli studenti nei vari CdS. Disporremo tra poco di altri importanti dati "oggettivi" sui singoli CdS, quali l’andamento dei crediti acquisiti dagli studenti per anno, coorte per coorte, il carico didattico dei docenti.
Se si desidera portare contributi costruttivi, sarebbe importante avere prima informazioni complete su tutte le iniziative dell’Ateneo avviate già da tempo".

Qual è lo scopo della valutazione, ovvero in che modo si intendono utilizzare i dati di queste indagini?

"Intendiamo impiegare i dati della valutazione per amministrare meglio le risorse dell’Ateneo, proponendone un utilizzo efficiente, concentrandole sulle strutture che producono risultati più apprezzati o che manifestano necessità più urgenti. Intendiamo ridurre progressivamente "il peso della tradizione" nell’allocazione delle risorse, ma con la necessaria gradualità per non generare situazioni di grave crisi in molte strutture.
Il primo obiettivo, dunque, è arrivare ad una valutazione delle strutture per responsabilizzarle nell’impiego delle risorse ad esse affidate. Immaginare che dal centro si possa raggiungere ogni minuta articolazione di una grande università è una  pericolosa inclinazione al verticismo o scarsa dimestichezza con i principi di governo di una realtà tanto complessa".

Esistono già delle esperienze in tal senso?

"Già da qualche anno le Facoltà vengono finanziate anche attraverso un fondo, tutt’altro che simbolico, ripartito sulla base delle valutazioni degli studenti. Quanto poi alla ricerca scientifica, proprio in questo ultimo anno ci si è allontanati da una distribuzione di fondi di tipo uniforme o indifferenziato: chiedo ai miei colleghi se l’ipotesi di ripartizione dei fondi RFO che concentra i 2/3 delle risorse sopra 1/3 dei ricercatori possa essere assimilato ad una ripartizione a pioggia. Per altro, lo stesso budget dei dipartimenti viene fissato già da tempo considerando diversi indicatori, tra i quali l’efficienza scientifica".

E per il futuro: si prospettano altre ricadute di questa valutazioni sull’allocazione delle risorse?

"Per il prossimo futuro ci poniamo l’obiettivo di estendere il campo di applicazione dei sistemi di valutazione, di raffinarne la qualità e nello stesso tempo di integrare tra di loro gli indicatori derivati da fonti diverse. Nel Piano Triennale, che si sta ultimando, proporremo nuovi criteri a cui le Facoltà dovranno uniformarsi nell’allocazione delle risorse. Non dimentichiamo che l’intervento fondamentale che stabilisce la qualità della didattica e della ricerca è quello che si consuma nei Consigli di Facoltà, attraverso le richieste di destinazione dei posti di docenti e ricercatori, e che i correttivi successivi degli organi centrali non possono avere la stessa capacità incisiva".

Secondo Lei quale tipo di pubblicità deve accompagnare i risultati di queste valutazioni?

"E’ necessario comprendere che arrivare al presente stato di sviluppo della valutazione nel nostro Ateneo (senza dubbio, uno sviluppo tra i più avanzati in Italia) è costato una fatica enorme, molte incomprensioni e non poco accoramento, e che i progressi compiuti devono essere capitalizzati e posti al riparo dai danni di una possibile esplosione polemica. Altrimenti ci si espone al legittimo sospetto che la richiesta di squadernare i dati dei singoli sul tavolo di tutti corrisponda, in realtà, ad una sorta di voyeurismo accademico. Purtuttavia, anche se il problema di una più ampia diffusione di tutta l’informazione a tutti non è attualmente la prima delle preoccupazioni, a breve i dati saranno disponibili ai Presidi, Presidenti di CdS e Direttori di Dipartimento, secondo le rispettive responsabilità. In ogni caso, sarà il SA ad assumere la decisione definitiva, come ha fatto di recente a proposito della valutazione dei progetti RFO".

Per concludere due parole sui finanziamenti.  Qual è la situazione in Ateneo?

"Ho recentemente informato tutti i dipendenti del nostro Ateneo della difficile congiuntura finanziaria che sta attraversando anche la nostra Università. Non ci sono in quella mia comunicazione né visioni apocalittiche, né futili minimizzazioni, né, tanto meno, serene evasioni come quelle che immaginano l’esistenza di istituzioni e privati che aspirano soltanto ad accorrere in aiuto dell’Università. Purtroppo la mia esperienza va in direzione diametralmente opposta. Per altro, prendendo contatto diretto con le cifre e con la dimensione finanziaria di un grande ateneo – basta leggere con qualche cura la mia lettera – ci si può facilmente rendere conto della scarsa compatibilità con le abitudini di una società che non apprezza la cultura e che non coglie quanto il suo futuro dipenda dalla ricerca scientifica: sfortunatamente l’Italia non è gli Stati Uniti o il Regno Unito, ma nemmeno la Germania o la Francia".