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Marketing e rappresentazione dei conflitti - Copertina

Marketing e rappresentazione dei conflitti

Autore: Roberto Grandi e Cristina Demaria (a cura di)

Editore: Bononia University Press

Prezzo: 22 euro

Dalle prime guerre mediatizzate all'attuale "guerra al terrore", le tecniche e le strategie per promuovere il consenso attorno al conflitto: il ruolo dei mass media, gli strumenti del marketing, le conseguenze per le democrazie

Come si vende la guerra? Quali tecniche "coperte" ed esplicite si usano per promuovere il consenso per un prodotto così problematico come un conflitto? Sono queste le domande a cui fornisce delle risposte "Marketing e rappresentazione dei conflitti. Media, opinione pubblica, costruzione del consenso".

In poco più di trecento pagine curate da Roberto Grandi e Cristina Demaria ed edite da Bononia University Press, gli autori, tutti studiosi italiani e stranieri provenienti dalla sociologia, dalla semiotica, dalla storia, dalla giurisprudenza e dagli studi culturali, esprimono il loro punto di vista e allargano l’orizzonte a domande del tipo: come si ottiene la complicità dei mass media? Come il marketing aiuta a influire sulla percezione del senso di insicurezza e sulle rappresentazioni dei conflitti? Quali sono le conseguenze per le democrazie sempre meno partecipate e opinioni pubbliche sempre meno protagoniste?

Diversi i conflitti esaminati: dalle prime guerre mediatizzate fino all’attuale "guerra al terrore". Differenti anche le prospettive, nazionali e transnazionali. C’è il conflitto iracheno esaminato sia  sui media statunitensi che su quelli panarabi; c’è la guerra della Falklands-Malvinas vista dagli inglesi ma anche dagli argentini.

Emergono in tal modo i più significativi nodi teorici e politici riferiti non solo alla modalità con cui le guerre vengono raccontate dai media, ma anche alle trasformazioni degli stessi media, dei conflitti e della politica durante e grazie alle guerre. E il volume fa luce anche su quei meccanismi di funzionamento problematici delle nostre società che in situazioni di "quotidiana normalità" risultano meno evidenti e intellegibili.