All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne….I cimiteri urbani in Europa a duecento anni dall’editto di Saint Cloud

Chi non ricorda l’Editto di Saint Cloud di foscoliana memoria. Fu con quel documento che Napoleone impose, prima in Francia e quindi nel resto dell’Europa, di trasferire i lughi di sepoltura lontani dai centri abitati. Fu quel documento ad ispirare Ugo Foscolo per i suoi Sepolcri.

D’accordo col poeta che scriveva "Sol chi non lascia eredità d'affetti poca gioia ha dell'urna", la Bologna napoleonica accolse di buon grado la nuova disposizione che, a ragioni igieniche, affiancava anche le istanze di una almeno "potenziale uguaglianza nella sepoltura tra i diversi ceti".

Iniziò così l’allestimento a cimitero di un’area del convento della Certosa. E da qui prese le mosse, come spiega Angelo Varni nella prefazione, l’idea di "costruire una città-altra rispetto a quella dei vivi, di quest’ultima però partecipe nelle sue tradizioni architettoniche, artistiche e, in senso più ampio, culturali".

A questi aspetti spesso trascurati dalla storiografia condizionata dalla trattazione della morte come di un tabù, la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna ha dedicato un importante convegno internazionale.

Gli interventi di storici, urbanisti, architetti, storici dell’arte e della cultura sono stati riuniti in un ricco volume curato da Daniela Camurri. Numerosi gli spunti e i terreni di confronto che danno al volume un respiro internazionale (come l’esposizione del modello cimiteriale parigino di Père Lachaise) ma che offrono anche paralleli meno distanti nello spazio come il cimitero suburbano di Reggio Emilia.

Per quanto riguarda la Certosa bolognese gli aspetti indagati partono da considerazioni architettoniche ed artistiche per arrivare al tema del cimitero come soggetto letterario nella Bologna dell’Ottocento.

Accanto agli scritti il volume presenta anche moltissime fotografie e disegni.