Nasce al Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna la Prostate Unit, un progetto sanitario con lo scopo di migliorare la diagnosi e la cura del carcinoma prostatico attraverso l’apporto sinergico delle diverse discipline specialistiche impiegate nella diagnosi e nella cura di questo tumore che negli uomini è il primo per incidenza e il terzo per mortalità.
La Prostate Unit è stata presentata questa mattina dal prof. Giuseppe Martorana, direttore dell’Unità operativa di Urologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Orsola Malpighi: questo progetto, nato due anni fa all’interno dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna e giunto oggi a conclusione, rappresenta un notevole passo in avanti per i pazienti affetti dal tumore prostatico che desiderino una risposta completa per la diagnosi, la stadiazione e la cura del tumore prostatico. “L’attivazione della Prostate Unit - spiega il prof. Martorana - ci permette di fare un grande passo in avanti. Grazie all’impegno di tutti gli addetti ai lavori, diventeremo modello di riferimento per le altre strutture ospedaliere”.
Questa iniziativa fa parte di un progetto di ambito nazionale chiamato “PerSTEP”, che ha lo scopo di delineare le caratteristiche e la fattibilità delle “Prostate Unit” in Italia, ovvero i centri “di riferimento” dove curare il tumore della prostata in maniera multidisciplinare. Il prof. Martorana ha illustrato anche il nuovo Percorso Diagnostico Terapeutico (PDT) del Carcinoma Prostatico.
Per incidenza e diffusione il cancro alla prostata equivale nell’uomo al tumore al seno per le donne, essendo il primo per incidenza e il terzo per mortalità. Ad oggi sono circa 217 mila gli italiani che convivono con la malattia. I carcinomi prostatici rappresentano il 20 per cento di tutte le diagnosi di tumore in Italia. Se però negli ultimi 10 anni si è registrato un aumento del 50% dell’incidenza di tale tumore, la mortalità è diminuita del 10%, grazie a una maggiore prevenzione, nuove terapie e farmaci di ultima generazione.
Alla luce di questi dati, e delle sempre più importanti evidenze scientifiche emerge come la diagnosi e le corrette indicazioni terapeutiche costituiscano momenti fondamentali e complessi per la cura di questo tumore, per il quale esistono oggi molte modalità di diagnosi e numerosi approcci terapeutici estremamente efficaci. In questo contesto il contributo e la collaborazione simultanea di tutti gli specialisti (radiologi, medici nucleari, urologi, radioterapisti, oncologi, patologi e psicologi) può offrire i risultati e le garanzie migliori per i pazienti consentendo di personalizzare la terapia ottimale per ogni singolo malato.
Nonostante sia sempre più evidente la necessità di attivare dei percorsi diagnostico-terapeutici nel trattamento di questa patologia, si continua ancora oggi, nella maggior parte delle realtà italiane, a lavorare in un’ottica “settoriale”, in cui i vari specialisti raramente si confrontano tra di loro. Oggi, la gestione di un uomo affetto da carcinoma prostatico non è univoca, grazie alle moderne conoscenze e alle numerose opzioni terapeutiche disponibili. Nelle forme di malattia meno aggressive, per esempio, è possibile differire il trattamento radicale e “inserire” il paziente in un protocollo di Sorveglianza Attiva, senza rischiare una progressione e una compromissione della prognosi. Nei casi di malattia più aggressiva invece, la chirurgia, la radioterapia e la terapia medica, da sole o in sinergia, possono garantire ottimi risultati a lungo termine con sempre minori sequele post-trattamento.
“La Prostate Unit - ha spiegato Martorana - ha come scopo principale la totale presa in carico del paziente, dall’inizio della diagnosi e durante tutte le varie fasi della sua storia clinica, per favorire il tempestivo accesso ai mezzi diagnostici sofisticati, alle terapie necessarie e ai programmi di riabilitazione. Grazie all'introduzione del PDT, sarà possibile offrire al paziente l'approccio terapeutico più opportuno, valutato attentamente in maniera collegiale e "cucito" sulle necessità di ogni singolo malato. Questo comporterà numerose ripercussioni positive per il paziente e per la collettività, in termini di riduzione delle indicazioni terapeutiche inappropriate e dei trattamenti "eccessivi". Parimenti, si registrerà una considerevole riduzione dei costi sanitari, grazie alla prescrizione delle sole indagini diagnostiche necessarie, senza trascurare la possibilità di evitare le importanti sequele dei trattamenti radicali, che spesso compromettono in modo significativo la qualità di vita del paziente”.