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Una nuova vita all’Università, per costruire un nuovo futuro

Rasikh dal Pakistan, Ali dal Gambia, Musah dal Ghana: continua il viaggio di UniboMagazine tra gli studenti richiedenti asilo politico che, grazie all’iniziativa dell’Alma Mater, hanno potuto iscriversi all’università

“Non mi spaventa lo studio e non mi spaventa la difficoltà degli esami: voglio costruire il mio futuro a partire da qui, incontrando persone nuove e impegnandomi in questa nuova avventura”. Riparte dalla determinazione e dall’entusiasmo di Rasikh Ellahi, 23 anni, originario del Pakistan, il viaggio di UniboMagazine tra i giovani in arrivo da tutto il mondo che hanno potuto iscriversi all’Università di Bologna, dopo che l’Ateneo – accogliendo un appello della Commissione Europea – ha aperto le sue porte agli studenti richiedenti asilo politico.

Rasikh è fuggito dal Pakistan più di un anno e mezzo fa: all’Alma Mater frequenterà alcuni corsi di Business and Economics. “Mi sono ritrovato in una situazione che ha messo la mia vita in serio pericolo – racconta – e ho dovuto lasciare il mio paese. Lì ero uno studente di economia e voglio continuare su quella strada. Il lavoro che vorrei? Ancora non ne ho idea, magari nel settore bancario”.

L’apertura dell’Alma Mater agli studenti richiedenti asilo è arrivata lo scorso dicembre: per l’anno accademico in corso potranno iscriversi a singoli insegnamenti dei corsi di laurea Unibo, beneficiando dell’esonero totale dei contributi studenteschi. Una decisione che il rettore dell’Università di Bologna Francesco Ubertini ha rivendicato anche in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, il 29 febbraio scorso. “Tra le iniziative per il diritto allo studio – ha ricordato nell’Aula Magna di Santa Lucia – abbiamo inserito anche le misure straordinarie per i rifugiati, che mi sembrano assolutamente necessarie come segnale di civiltà vera in questo momento”.

Sono ad oggi una ventina i ragazzi che hanno potuto approfittare dell’opportunità messa in campo dall’Alma Mater. Vite e storie con alle spalle percorsi diversissimi, ma sempre complicati e dolorosi, che a Bologna hanno trovato infine un punto di sosta.

Come quello di Ali, ventiduenne arrivato in Italia dal Gambia alla fine del 2014. “Lavoravo come traduttore per un candidato politico del partito di opposizione”, racconta. “In Gambia ci sono diverse etnie e diverse lingue parlate e il mio lavoro era quello di interprete quando viaggiavamo per il paese”. Ma la dittatura di Yahya Jammeh – che pochi mesi fa ha annunciato la trasformazione del Gambia in “stato islamico” e imposto l’arabo come lingua unica ufficiale – non tollera le attività di opposizione. “Sono stato accusato, falsamente, con un pretesto e arrestato”, ricorda Ali. “Fortunatamente sono riuscito a fuggire, ma a quel punto non potevo più restare in Gambia”. Ora studia nell’ambito del corso in Educatore sociale e culturale. “Poter frequentare l’Università è una grande opportunità”, dice. “Il mio sogno è diventare un operatore sociale e ce la metterò tutta per farcela”.

 
Musah Apraku, invece, ha vent’anni e viene dal Ghana. “Ero uno studente come tanti altri, con una vita normale. Fino a quando il governo non ha iniziato a cercarmi e ho dovuto lasciare il paese”. All’Alma Mater sta studiando Macroeconomics, Economic History, Foundations of Law. “Voglio specializzarmi in questi temi e fare esperienza nel settore economico”, spiega. “Per me è straordinario poter frequentare l’Università: non avrei mai pensato di poter avere questa possibilità e sono determinato a impegnarmi fino in fondo. So bene che non sarà semplice, ma le cose importanti della vita non lo sono mai. Non è forse così?”