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Dipartimento di Arti Visive

14 Dicembre 2005

Aula Magna di Santa Cristina

La docente dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia proporrà una lettura trasversale dell’arte italiana nella conferenza che accompagnerà il conferimento del premio Francesca Alinovi.

Il Premio Francesca Alinovi per l’anno 2005 è stato conferito all’unanimità, dai cinque membri della Giuria (Renato Barilli, Roberto Daolio, Alessandro Mendini, Loredana Parmesani, Franco Quadri), a Gianni Caravaggio, artista nato nel 1968 in provincia di Chieti, ma di carriera quasi interamente milanese. La cerimonia per il conferimento del Premio Francesca Alinovi 2005 avverrà mercoledì 14 dicembre 2005, alle ore 18, presso l’aula magna dell’ex-Convento di Santa Cristina (Piazzetta Morandi, 2 - Bologna). Come d’uso, il Premio consiste in un’opera che il vincitore dell’edizione precedente, Alessandra Tesi, dona al suo successore. Secondo tradizione, alla cerimonia si accompagna una conferenza tenuta da un critico che sia esponente di spicco delle nuove generazioni. La scelta per quest’anno è andata a Angela Vettese, Direttore del corso di laurea in arti presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, nonché direttore della Civica Galleria d’arte contemporanea di Modena, e della Bevilacqua La Masa di Venezia.  L’argomento della conferenza è: La scuola del dubbio: una lettura trasversale dell’arte italiana. Sempre secondo consuetudine, alla premiazione bolognese ne segue pure una in Milano, che avverrà il 19 dicembre nella sede del Piccolo, nel corso dei Premi annuali distribuiti dal Patalogo ai maggiori protagonisti della stagione teatrale. Gianni Caravaggio ha avuto maestri insigni, come Luciano Fabro all’Accademia di Brera, e Haim Steinbach, in uno dei corsi organizzati a Como dalla Fondazione Ratti. Secondo i generi tradizionali, lo si dovrebbe considerare scultore, ma certo nelle sue modalità di lavoro i canoni classici di quest’arte vengono ampiamente sovvertiti. Senza dubbio egli parte dalla concezione di un blocco plastico che si presenta in forme squadrate e massicce, per essere subito dopo sottoposto a tutti i germi della corrosione che lo aprono a possibilità inedite, sottilmente inquietanti. Infatti il monoblocco subisce fasi progressive di scomposizione, quasi mettendo in luce le componenti molecolari da cui è formato, come se risultasse fatto di tante zollette di zucchero che emergono a nudo, e in qualche modo ne annunciano varie trasformazioni successive, che potrebbero giungere quasi a una sorta di liquefazione. Certo è che da una primitiva consistenza hard quell’ammasso plastico passa attraverso le mille avventure di una "sofficizzazione" dando luogo a un’animata e pittoresca trasformazione in componenti sempre più sottili, parcellari, infinitesimali, fino a ridursi, talvolta, a un informe ordito di fibre. Si può quindi parlare di una sorta di esito spettacolare, anche se evidentemente si tratta di uno spettacolo che si svolge per intero dentro il mondo dell’inorganico, di cui però mette alla prova tutte le possibilità di animazione interna.