Il servizio che permette di segnalare a UniboMagazine e alla Newsletter UniboCultura le iniziative culturali organizzate dall'Università di Bologna.
dal 28 al 29 Settembre 2006
Aula Prodi
L’Archivio storico dell’Università di Bologna ha chiamato importanti politologi italiani ed ungheresi a discutere in due giornate di convegno dal titolo: "Ripensando a Budapest, cinquant’anni dopo" sul significato e gli effetti di quella rivoluzione. A conclusione del convegno, che sarà ospitato giovedì e venerdì 28-29 settembre dalle ore 9,30 nell’Aula Giorgio Prodi di Piazza San Giovanni in Monte 2, Luigi Pedrazzi e Guido Fanti porteranno la loro testimonianza sulla Bologna di quegli anni, e sul dibattito vivacissimo nel movimento comunista dell’epoca, nel corso di una tavola rotonda coordinata dal prof. Paolo Prodi. Scavando nella storia dell’Università, si sono ritrovate le tracce della presenza di giovani profughi ungheresi anche all’Università di Bologna. Spiega il prof. Gian Paolo Brizzi, direttore dell’Archivio Storico e organizzatore del convegno: "Ben diverse sono le condizioni politiche nelle quali avviene una delle ultime migrazioni di studenti ungheresi verso l’Alma Mater. Nel dopoguerra, Bologna e la sua regione, costituiscono la roccaforte del comunismo italiano -lo "zoccolo duro" secondo un neologismo politico- quando scoppia, nel 1956, la rivolta di Budapest. Quale crisi abbia aperto quell’evento nel movimento comunista italiano non è il caso qui di prendere in esame: sarà opportuno ricordare come la Chiesa bolognese, guidata da un ecclesiastico autorevole, il cardinale Giacomo Lercaro, si sentisse fortemente impegnata ad evidenziare le contraddizioni che la politica dell’USSR nei confronti dei Paesi satelliti apriva sul piano della libera determinazione dei popoli. L’occasione acuì lo scontro politico in atto e si coniugò con l’emozione che la rivolta ungherese stava suscitando in Occidente. Fu così che, al pari di quanto avvenne anche altrove, l’Italia divenne un rifugio per i profughi ungheresi. A Bologna il cardinale Lercaro ospitò 30 giovani nelle sedi della diocesi e anche l’Università, assecondando l’invito del Ministero ad accogliere i giovani universitari in esilio, si rese disponibile dapprima per ospitarne venti, divenuti poi ventisette (fra questi vi erano due assistenti universitari), selezionati dalla Croce Rossa con l’aiuto di Emerico Varady. Un ventottesimo profugo si aggiunse ai precedenti, accolto a proprie spese dagli studenti del Collegio universitario Irnerio. Fu questa una migrazione ben diversa dalle precedenti esperienze, resa necessaria da un improvvisa emergenza che sollecitava la solidarietà internazionale, compresa quella delle università: mancava, con riguardo ai casi precedentemente esaminati, una premessa culturale a tutto ciò e questa debolezza intrinseca palesò ben presto i suoi limiti. Alcuni fra i profughi accolti dall’università, secondo un piano coordinato dal Ministero dell’istruzione pubblica, abbandonarono Bologna per unirsi a famigliari approdati in altre città o Paesi, ma più forti come causa di abbandono furono le difficoltà linguistiche che produssero una scarsa partecipazione alla vita universitaria. Solo un terzo dei 27 studenti si trattenne a Bologna, ospitato con borse di studio dall’Ateneo, fino alla conclusione degli studi, terminati fra il 1961 e il 1964". Il convegno, (sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana e della Repubblica d’Ungheria) è organizzato in collaborazione con l’Università di Szeged.