Il servizio che permette di segnalare a UniboMagazine e alla Newsletter UniboCultura le iniziative culturali organizzate dall'Università di Bologna.
dal 9 Novembre 2006 al 9 Gennaio 2007
Aula della Specola e Aula Carducci
Per la ricorrenza di quello straordinario evento che segnò la rinascita dell’astronomia bolognese, dopo quasi un secolo di decadenza, il Dipartimento di Astronomia, l’Università di Bologna Osservatorio Astronomico di Bologna e l’Istituto Nazionale di Astrofisica promuovono col contributo dell’Alma Mater e del Sistema Museale dell’Ateneo una mostra che si apre il 9 novembre nell’Aula Carducci in via Zamboni 33 e si chiuderà il 9 gennaio, per proseguire dal 13 al 31 gennaio a Loiano, nella Sala Fantazzini in via Roma 60/1. L’esposizione se da un lato mette sotto i riflettori strumenti e materiale frutto di accurate osservazioni e ricerche astrofisiche, dall’altro ripercorre la storia dell’astronomia bolognese a partire dagli anni Trenta, che videro la nascita della stazione astronomica di Loiano e la realizzazione di un telescopio riflettore da 60 cm di diametro, realizzato nelle prestigiose officine Zeiss di Jena, secondo in Italia dopo quello dell’Osservatorio Astronomico di Milano, situato a Merate, in un luogo meno adatto alle osservazioni. "All’inizio del Novecento i vecchi osservatori astronomici che si trovavano dentro le città erano destinati a essere spostati, se gli astronomi volevano osservare il cielo con buoni risultati" riferisce il professor Gianluigi Parmeggiani. La crescita dell’urbanizzazione portò come diretta conseguenza anche l’aumento dell’illuminazione e del pulviscolo atmosferico, che non giovavano di certo all’accuratezza delle osservazioni. "Anche la gloriosa torre della Specola dell’Università, terminata nel 1725 e che aveva portato l’astronomia bolognese a un grande splendore, era ormai al termine del suo ciclo osservativo" prosegue nel suo intervento Parmeggiani. La necessità di una sede extraurbana fu proposta dal direttore dell’Osservatorio Astronomico Universitario, Michele Rajna, già nel giugno del 1906. La realizzazione, trenta anni dopo, si ebbe grazie all’impegno del direttore dell’epoca, Guido Horn d’Arturo, e a un cospicuo lascito (300.000 lire) della signora Bianca Montanari, vedova Merlani. Si poté così dare il via alla costruzione del telescopio e pensare agli edifici adatti per ospitarlo. La prima ipotesi fu quella di costruire la nuova specola a villa Aldini, sulla collina dell’Osservanza. Scartata questa possibilità, così come quelle di Monte Donato e di Monte Stanco vicino a Grizzana, prevalse la scelta di Monte Orzale presso Loiano, a 800 metri sul livello del mare: uno dei migliori siti in tutto l’Appennino attorno a Bologna e il più elevato in Italia. Nel progetto fu in qualche modo coinvolto anche il grande architetto bolognese Edoardo Collamarini (1863-1928), anche se "ciò che noi oggi vediamo a Loiano (la Specola con la cupola girevole, eccezionale opera meccanica della Ditta Bombelli di Milano), malgrado un’attribuzione di tradizione al direttore dell’Accademia di Belle Arti, nulla ha a che vedere col suo progetto" osserva l’architetto Giuliano Gresleri, che a proposito dell’edificio realizzato in un solo anno dall’ingegner Gustavo Rizzoli aggiunge "nella parete curva che prosegue verso terra la tensione volumetrica della cupola rotante, egli (Rizzoli ndr) ha colto l’idea plastica dell’architetto scomparso". Il 15 novembre del 1936, il rettore Ghigi inaugurava dunque la "Nuova Stazione Astronomica Appenninica sul Monte Orzale di Loiano". "Nella notte tra il 21 e il 22 dicembre venne impressionata la prima lastra fotografica, come di consuetudine una "lastra di prova" per eseguire la messa a fuoco del telescopio, subito seguita dalla foto della prima stella: l'alfa della costellazione della Balena" scrive raccontando la storia del glorioso telescopio e della stazione il professor Fabrizio Bònoli. "Sin dall'inizio si iniziarono ricerche nel campo delle stelle variabili (scoprendone alcune decine), delle nebulose e degli ammassi globulari. Programmi nei quali si impegnarono, nel tempo tra gli altri, Luigi Jacchia, sino a quando emigrò per le leggi razziali ad Harvard, Leonida Rosino, poi Direttore dell'Osservatorio di Padova, Paolo Maffei e Piero Tempesti". E l’entusiasmo di quegli anni di ricerche e di lavoro ma anche le tristi vicende legate alla guerra e le sue conseguenze compaiono nelle memorie che Paolo Maffei e Piero Tempesti hanno voluto scrivere per questa ricorrenza. Le strutture furono danneggiate e gran parte del materiale fu rubato, ma lo specchio era stato messo in salvo a Bologna e passato il fronte seppure in condizioni di disagio estremo le osservazioni poterono riprendere. "Negli anni Sessanta, la tecnica fotografica venne sostituita con quella di fotometria fotoelettrica, più adatta allo studio di stelle variabili e infine, negli anni Ottanta, il glorioso specchio Zeiss è stato sostituito con uno specchio forato, per consentire l'utilizzo del fuoco Cassegrain al quale montare fotometri adatti anche alla rilevazione di controparti ottiche di sorgenti gamma" prosegue il racconto di Bònoli. Nel settembre del 1976, venne poi inaugurato un altro telescopio, il G.D. Cassini da 152 cm, realizzato dalla francese Reosc e collocato in un apposito edificio. Le ricerche svolte in trent’anni di attività e quelle che ancora si svolgono riguardano diversi filoni della ricerca astronomica. Entrambi gli strumenti sono gestisti dall’Osservatorio Astronomico di Bologna dell‘Istituto Nazionale di Astrofisica.