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12 Maggio 2007
Aula Absidale (via dei Chiari 25)
Vista la levatura eccezionale dei due candidati – si legge nella delibera - il Consiglio di Facoltà di Medicina approva, all’unanimità degli aventi diritto al voto e in approvazione seduta stante, la proposta di conferimento delle Lauree Honoris Causa ai Proff. Victor A. Mckusick e Mario Capecchi, in Biotecnologie Mediche. Per Victor A. McKusick si tratta della laurea numero 22, mentre non si contano i riconoscimenti di vari organismi internazionali attributi alle sue attività di ricerca sul genoma umano. Una vita spesa alla Johns Hopkins University di Baltimore, prima come studente, poi come docente. E’ alla Hopkins che McKusick si specializza in cardiologia ed comincia a interessarsi alla sindrome di Marfan, una patologia ereditaria caratterizzata da una grave disfunzione dell’aorta. Da allora McKusick comincia a curare un gran numero di pazienti affetti da questa sindrome e più di recente arriva a dimostrarne la causa: mutazioni di un singolo gene, la fibrillino. A causa di questi studi pioneristici, ad iniziare dagli anni ‘60 i pazienti che si rivolgono a McKusick ed alla Hopkins aumentano di numero così come aumenta anche la varietà delle malattie genetiche che arrivano alla sua attenzione. Per far fronte alle esigenze della continua crescita di richieste di consulenza genetica che arrivano alla Hopkins, McKusick fonda nel 1957 la Divisione di Genetica Medica. Questa è una delle prime esperienze al mondo che unisce la ricerca e la clinica delle malattie ereditarie per facilitarne lo studio, la prevenzione e la cura. Grazie a McKusick, la genetica medica svilupperà negli anni successivi un ruolo fondamentale e riconosciuto dalla comunità scientifica. Quelle che seguono sono le parole pronunciate nel 1997 da Joseph Goldstein, Premio Nobel per la Medicina e Presidente della giuria della Lasker Award durante la cerimonia di assegnazione di questo prestigioso premio: "Grazie a Victor la genetica medica si è evoluta: da fanalino di coda tra le discipline accademiche costituisce oggi una delle aree in cui la pratica clinica è maggiormente attiva. Sulla base di questi sviluppi possiamo ipotizzare che nei prossimi 10 anni la genetica clinica acquisterà un peso sempre più rilevante, fino a diventare la sotto-specialità medica più importante". Nel 1968 McKusick e i suoi collaboratori della Hopkins, partendo da una semplice osservazione clinica, riescono a mappare il gruppo sanguigno Duffy sul cromosoma 1 umano: è la prima volta che un gene umano viene localizzato su uno dei 22 cromosomi autosomici. Prima di allora i soli geni umani mappati erano quelli localizzati sul cromosoma X. Nonostante le forti perplessità sollevate sul tema in questione, McKusick non si arrende e nel 1973 da vita ad una collaborazione con Frank Ruddle (Yale University) per organizzare un workshop che si tiene ogni 2 anni allo scopo di coordinare il progetto di mappatura del genoma umano e per raccogliere ogni informazione che possa risultare utile a questo scopo. All’epoca i loci genetici umani mappati erano 31, oggi invece ve ne sono più di 2000. Mario Renato Capecchi è considerato dalla comunità internazionale un candidato naturale all’assegnazione di uno dei prossimi Premi Nobel, avendo egli già ricevuto i più importanti riconoscimenti scientifici negli U.S.A. E’ nato a Verona, il 6 ottobre 1937 ed emigrato negli U.S.A. con la sua famiglia all’età di 7 anni. La sua tesi di dottorato ad Hrvard in biologia molecolare, supervisionata dal premio Nobel James D. Watson, verteva, fra l’altro, sull’analisi dei meccanismi di iniziazione e di terminazione della sintesi proteica. Mario Capecchi è diventato famoso per il suo lavoro pionieristico sullo sviluppo del "gene targeting" nelle cellule staminali di embrioni murini (ES cells). Questa tecnologia è utilizzata oggi dai ricercatori di tutto il mondo per costruire topi con mutazioni inserite in un qualsiasi gene. La potenza di questa tecnologia è tale che il ricercatore può scegliere sia quale gene mutare che come farlo. In pratica il ricercatore può scegliere come e quali sequenze di DNA del genoma di topo vuole cambiare e ciò permette di valutare in dettaglio la funzione di ogni gene durante lo sviluppo embrionale o nelle fasi successive. Poiché tutti i fenomeni biologici sono mediati da geni, il "gene targeting" sta avendo una ricaduta importante su praticamente tutti gli aspetti della biologia dei mammiferi, inclusi gli studi sul cancro, sull’embriogenesi, sull’immunologia, sulla neurobiologia e in pratica su tutte le malattie umane. Questa tecnologia ha molte applicazioni per la medicina clinica. Infatti attraverso di essa si può costruire qualsiasi modello di malattia genetica umana in animali da laboratorio, studiarne l’evoluzione e verificare l’efficacia di potenziali terapie contro la stessa. In un prossimo futuro, poiché si può scegliere quale gene modificare e come, nuovi approcci alla terapia genica basati sul "gene targeting" potranno essere usati per correggere un gene endogeno difettoso nel tessuto umano appropriato. Queste nuove strategie di terapia genica mirate saranno perciò dirette alla causa prima della malattia piuttosto che ai sintomi.