I domenicani e il caso Mortara

La sera del 23 giugno 1858, la polizia dello Stato Pontificio sottrasse alla famiglia Mortara il proprio figlio Edgardo di sei anni. La decisione veniva da San Domenico, sede dell'inquisitore: si era saputo che una cameriera cattolica di nome Anna Morisi aveva battezzato il bambino "in articulo mortis". Edgardo, secondo le leggi vigenti, era dunque da considerarsi cristiano e in possesso delle proprie facoltà. Fu dunque prelevato dalla propria famiglia e portato a Roma, presso un'istituzione che si occupava degli ebrei convertiti. Quello che venne chiamato il "caso Mortara" fece scalpore in tutta Italia e all'estero per un'applicazione così rigida di normative ormai da tempo disattese. Politici, intellettuali, organizzazioni ebraiche presero posizione e molti furono gli appelli perché il bambino venisse restituito alla sua famiglia. Il Regno di Sardegna utilizzò il caso per rinforzare le rivendicazioni sabaude sullo Stato Pontificio. Papa Pio IX decise di non accogliere le molte richieste e proteste giunte da stampa e politica e si occupò anzi personalmente del ragazzo. Erano tempi di confronto serrato e violento fra cattolicesimo e laicismo. Dopo 150 anni il "caso" torna a San Domenico, per una riflessione sulla vicenda e sulla figura di Pio Edgardo Mortara. Martedì 22 maggio, alle ore 21, presso il Salone Bolognini (Piazza San Domenico, 13) si incontreranno per discuterne i proff. dell'Alma Mater Angelo Varni, docente di Storia del Risorgimento e Storia del Giornalismo, e Mauro Perani, decente di Ebraico e Storia dell'Ebraesimo, e il prof. Massimo Mancini, docente di Storia della Chiesa presso la Facoltà Teologica dell'Emilia-Romagna. L'evento è uno degli incontri del ciclo "I martedì di San Domenico".