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Suoni dal mondo 2007

dal 26 Ottobre al 1 Dicembre 2007

Auditorium dei Laboratori DMS e Aula Absidale di Santa Lucia

Otto concerti e sei enseble in arrivo da paesi e continenti diversi, uniti dal tema comune della diaspora: si apre venerdì 26 ottobre e si chiude sabato 1 dicembre, la XVIII edizione del Festival di musica etnica promosso dal CIMES

Otto concerti dall'India all'Africa, dall'Armenia alla Calabria, passando per i Balcani. Arriva alla sua XVIII edizione "Suoni dal mondo", il festival di musica etnica promosso dal CIMES - Dipartimento di Musica e Spettacolo, assieme a Facoltà di Lettere e Filosofia, UniboCultura, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna e con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri. Tra venerdì 26 ottobre e sabato 1 dicembre (ore 21,30), l'Auditorium dei Laboratori DMS (Via Azzo Gardino, 65/a) e l'Aula Absidale di Santa Lucia (Via de' Chiari, 23/a) ospiteranno sei ensemble provenienti da paesi e continenti differenti, ma uniti da un tema comune, di grande rilevanza storica, ma anche di stretta attualità: la diaspora. "Musiche delle diaspore", questo il titolo che gli organizzatori hanno deciso per l'edizione 2007 del Festival. "La dispora - spiega Gerardo Guccini, Responsabile scientifico del CIMES - è un fattore della contemporaneità, un fattore anche culturale con il quale ci confrontiamo nel nostro vissuto". Ribadendo e rafforzando lo spirito di comunione e di inclusione che da sempre anima il Festival, l'edizione di quest'anno sceglie dunque di mettere l'accento sulle migrazioni e i movimenti dei popoli: eventi spesso accampagnati da sofferenze e tragedie, ma che portano anche a formare nuove contaminazioni tra culture e nuovi suoni nelle espressioni musicali popolari. "'Suoni dal mondo' - sottolinea Paola Monari, Pro Rettore per gli studenti - è un festival con un duplice valore. Prima di tutto, di raffinata ricerca: questi eventi nascono da una prospettiva sofisticata di sviluppo della ricerca sui temi della musica etnica. In secondo luogo, il festival è un momento importante per favorire la conoscenza di nuove culture in una prospettiva di comunione, comprensione, integrazione". Elementi, questi, che acquistano una rilevanza sempre maggiore per lo sviluppo della società contemporanea, anche a livello cittadino. "Bologna - continua la prof.ssa Monari - è una città che invecchia, e le modificazioni del tessuto sociale rischiano di portare ad una radicalizzazione di dialettiche contrastanti tra generazioni lontane. Un'iniziativa come questa ha un forte valore sociale di integrazione, può e deve essere strumento per superare i contrasti". Si inizia, allora, venerdì 26 ottobre, con replica il giorno seguente, all'Auditorium dei Laboratori DMS, con la singolare e significativa commistione tra musica popolare rumena, sonorità jazz e canzoni della tradizione napoletana dell'ensamble "Balcanico Jazz", per continuare mercoledì 31 ottobre, all'Aula Absidale di Santa Lucia, con "ll duduk di Djivan Gasparyan", che vedrà sul palco, il noto autore armeno, lanciato a livello internazionale da Brian Eno, e i suoni del corto oboe cilindrico, discendente dall'aulos degli antichi greci, che prende il nome di duduk. L'appuntamento successivo è per sabato 10 novembre, sempre in Aula Absidale, con "Gli zingari del Rajasthan": uno spettacolo che alla musica unirà la danza e le esibizioni dei giocolieri professionisti, nella più viva tradizione culturale della regione indiana. I due concerti di sabato 17 e domenica 25 novembre, all'Auditorium, offrono invece un tuffo nelle contaminazioni popolari e musicali dell'Italia del sud: il primo, "Arbresh e Grecìa calabrese", chiama in causa le secolari migrazioni delle comunità albanesi e grecaniche, il secondo "La tarantella di Montemarano", si concentra sulle musiche uniche e caratteristiche che vengono eseguite nel paese campano di Montemarano durante le feste di carnevale. A chiudere la rassegna, infine, venerdì 30 novembre, con replica sabato 1 dicembre, sarà "Africa blues": un concerto che vedrà sul palco il gruppo dell'etnomusicologo Gerhard Kubik riproporre la musica kwela, nata nelle periferie urbane del Sudafrica negli anni Cinquanta come adattamento della swing e della altre novità musicali in arrivo dagli Stati Uniti. Una serie di appuntamenti, insomma, che spazia per ragioni e sonorità tra loro diversissime, abbracciando la complessità, l'eterogeneità, ma anche la mutevolezza e le ibridazioni dei popoli e delle musiche popolari. "La musica - spiega Giuseppina La Face, direttore del Dipartimento di Muisica e Spettacolo - produce conoscenza, e la conoscenza favorisce la comprensione, lo sviluppo della socialità e dell'attenzione verso popoli diversi. Anche per questo, la rassegna, promuovendo la conoscenza, la comrprensione, la solidarietà, ha un grandissimo valore etico".